sabato 30 agosto 2014

Addio e grazie per tutte le zanzare

Bologna che si allontana e rimpicciolisce nello specchietto retrovisore della macchina, è il segnale definitivo della fine delle vacanze. I restanti 300km di autostrada per Torino, sono già qualcos'altro: non fanno più parte dei 15 giorni di mare, ma sono già antefatto dei prossimi 350 che ho davanti.
Non è il rientro a traumatizzarmi, ma le vacanze, sono loro, a lasciarmi frastornato, stonato tipo bottiglia di vodka prima scolata e poi fracassata in testa, a incollarmi addosso una sensazione surreale tipo gli Umpa Lumpa di Willie Wonka.
Quando per 350 giorni all'anno ti svegli alle 6.00 e un'ora dopo sei già in tangenziale a spintonarti con le altre macchine per raggiungere l'ufficio, quando incastri le tue giornate fra lavoro\spesa\figlia\asilo come manco il tetris estremo da altura, quando ingoi rospi grossi come caimani e lavate di capo come una shampista, quei 15 giorni di mare in cui il mondo sembra essersi scordato di te e nessuno viene a chiederti niente, in cui il massimo sforzo richiesto è sciabattare con le infradito fino al bar per il caffè, e poi in spiaggia contare lo sballonzolio dei culi del risveglio muscolare, sulle note di "...e vai avanti, muovendo i fianchi...poi torna indietro, indietro indietro, ancora un po'...", beh, quei 15 giorni sono così diversi da te e dal tuo quotidiano che non li puoi vivere veramente: puoi soltanto osservarli. 
Ci provi a unirti alla compa, a lasciarti trascinare dalla corrente, a ungerti cerimoniosamente il naso di crema come gli irlandesi facevano col blu di Bravehearth, ma tu e jack frusciante non siete semplicemente fuori dal gruppo: non siete proprio mai stati dentro, e non sei dentro neanche in quella realtà di cocco e bilboa.
Non puoi passare in sole 24 ore dal grigio topo della fabbrica al pastello anfetamina: sei e resti uno spettatore, anche quando sei protagonista. Perchè la nuotata delle 10.30 non ti appartiene davvero, non ti appartiene la frittura di pesce, i castelli di sabbia dei bambini e i castelli di rabbia di Baricco letto sull'asciugamano, le conchiglie spezzate che ti pungono i piedi, il burlesque estivo delle donne che si spalmano la protezione 50 sotto l'ombrello disinvolte come se non le guardasse nessuno.... no, niente di tutto ciò è veramente tuo. 

E' solo in comodato d'uso.
Sei solo uno in vacanza, in permesso premio di 15 giorni dopo 350 di buona condotta, e tutto quello che vedrai non è vero.

Prendi le zanzare. Cosa credi che stiano a farci le zanzare nella tua vita? Spuntano solo d'estate, esattamente d'estate, compaiono dal nulla e per tutti i 15 (o 21) giorni che hai di ferie, ti massacrano le caviglie senza un attimo di tregua.
Al rientro in città, al rientro al lavoro, misteriosamente spariscono, puf! svaniscono, così come sono arrivate.
Beh, le zanzare stanno lì per una sola ragione: sbavare il quadro perfetto, ricordarti ogni santo giorno che è soltanto un quadro, una rappresentazione, non è la tua vera vita.

La vita quotidiana, per quanto molto più grigia e metallica, come l'Acciaio della Avallone, è almeno onesta, sincera, schietta. Niente coppe di champagne e chiappe ritoccate al photoshop ma sana cellulite a vergare le gambe delle nostre donne, buccia d'arance biologiche, zampe di gallina milf che fanno sempre buon brodo. E noi uomini: peli, panza, ascelle che pezzano le camicie a tempo zero, stempiatura, boxer che ci finiscono in mezzo al culo, unghie dei piedi troppo lunghe.
E non ci sono zanzare a sbavare il quadro. E' tutta roba vera.



Rieccomi. Di nuovo a casa mia, di nuovo col portatile sul tavolo della cucina, con la solita tazzina di caffè accanto. Moglie e figlia ronfano nelle camere.
I quindici giorni in Abruzzo sono una parentesi già chiusa e lontana, ed eccomi affidare allora al blog foto e ricordi.

Gli zombie di Torino

Così concentrati a salvare il mondo, la cheereleader e i boardgames, io, Redbairon e Viking non abbiamo mai indagato sulle rispettive mete marine. Così solo in zona cesarini, io e Red "Tritamanuali" scopriamo di andare al mare quasi nello stesso posto, a 20 minuti di macchina.
Sarà solo per qualche giorno, perchè abbiamo le settimane sfalsate, ma l'idea è comunque quella di ritrovarsi anche al mare, e giocare, mica perchè ci piaccia, no, solo per non perdere la mano.

Viking, destinazione orecchiette e cime di rapa, ci guarda festeggiare e incendiare scatole di Burgundy con gran perculamento. Lo sfottiamo e dileggiamo senza pietà fantasticando su tutti i titoli che giocheremo in spiaggia senza di lui, arrivando persino a ipotizzare l'acquisto di Twilight Imperium per giocarlo sul bagnasciuga.
Finchè nominando "Starcraft" scopriamo nervo e carne viva, e il Vikingo sentenzia: "Basta! Ho deciso! Mentre scendo in puglia mi fermo un giorno da voi! Stasera stessa mi cerco un hotel".
Ed eccoci tutti e tre in Abruzzo. Prenoto tre ombrelloni e un numero inusitato di lettini vicini per mogli e figli sulla spiaggia.
La giornata degli torinesi comincia con l'unboxing di Galaxy Trucker, regalato a sorpresa a RedBairon che con i suoi 40 entra di diritto nei filf. Al gioco segue la lettura pubblica di un'imbarazzante poesia scritta dalla penna critica con il solo scopo di mettere Red in imbarazzo.

Red ringrazia e mette via.
Andiamo a installarci al bar.

Il primo gioco è Zombie Badola (del quale vedete una polaroid fra i mojito), proto-prototipo di maggioranze, con zombie barcollanti che si allungano verso vittime indifese, gioco di sole carte, indipendente dalla lingua, partorito dal sottoscritto per scommessa dopo una cheesecake. Lo proviamo in anteprima assoluta bruciando sul tempo persino Pinco11, ed è meno peggio del previsto, anche se ancora argilla grezza.
Torniamo in spiaggia a tranquillizzare le mogli (e veniamo inseguiti dal cameriere perchè abbiamo dimenticato i mazzi di Zombie Badola sul tavolino).
Dopo pranzo è il turno de Il Padrone di Casa, del sempreverde Friese, di recente ristampa Giochi Uniti al prezzo tramezzino di 15 euro.

I giocatori sono padroni di casa con notevole pelo sullo stomaco e molti pochi scrupoli nelle budella, che cercano di spremere il più possibile i propri inquilini, con qualsiasi mezzo lecito e illecito (diciamo una rosa di azioni possibili che vanno dallo sfratto all'omicidio degli inquilini più morosi).
Il gioco è composto da carte doppia faccia (che possono essere giocate da un lato come piani del palazzo e dall'altro come inquilini) e da monete in plastica (non bellissime ma indistruttibili e comunque 100 volte meglio delle monete di cartone tanto in voga oggi).
Numerose le carte a disposizione che attivano tanti effetti diversi: 14 diversi tipi di inquilino, mezza dozzina di carte struttura\upgrade e 12 carte azione che frantumano i profitteroles agli avversari.

Attenzione a non farvi ingannare dalla confezione: a dispetto dell'ambientazione, delle illustrazioni fumettose pastello e dell'ottimo prezzo entry level, il gioco sembra gridare "Titolo per neofiti", ma non lo è per niente.
Le meccaniche sono semplici,
ma le molte carte con effetti diversi, un certo ermetismo sul testo delle carte (mi viene in mente: "Fa la spia sul padrone di casa" sulla carta Famiglia) e la mole di informazioni da assimilare nella prima partita, sono uno scoglio piuttosto impegnativo per uno che non mastichi almeno un po' di board games. Un gioco quindi che presuppone almeno un carcassonne nel curricula.
La partita finisce in un'oretta e una dozzina di bottiglie d'acqua. Mi accorgo alla fine di aver fatto un po' di casino con le regole e i due soci mi infilano la testa nella sabbia.
Ritorno in spiaggia, momento con mogli e figli, bagno in mare.
Ultimo gioco della giornata, il print&play "Le due Piramidi", scoperto su La Tana dei Goblin qualche giorno prima di partire, e forgiato fra stucco e cartongesso dal decoratore Viking Da Vinci.
Due piramidi rappresentate sulla plancia.
Ad ogni turno vengono estratti a caso da un sacchetto 5 segnalini "mattoni" (42 mattoni in 6 colori differenti). Un giocatore spezza la fila da 5 e l'altro sceglie quale delle due prendere prendere. Le piramidi vengono (comprensibilmente) edificate dal basso verso l'alto, e al completamento si otterranno dei punti per 2 file di colori continue (più lunghe sono più guadagni).
Gioco semplice ma non banale, che vale sicuramente la pena stampare e provare (tanto più che è gratis). Consigliato.

Il blogger e l'autore
Due grigliate di arrosticini e qualche giorno dopo, sono andato a trovare Fantavir.
Sono partito presto, imboccando l'autostrada per Pescara (l'autoradio in quel tratto prendeva solo RadioCiao) mi sono fermato in autogrill a far colazione con caffè e taralli, e chiacchierato con un camionista tedesco che mi ha raccontato che gli autogrill italiani sono centri di ritrovo per i gay, tutti i camionisti del mondo lo sanno (aveva una birra in mano ed erano le 9.30 del mattino, quindi prendete questa rivelazione con beneficio d'inventario).
Alle 10.00 sono arrivato sotto casa di Fantavir.
Premessa: con Fantavir era un po' che ci si annusava. A dir la verità ci eravamo anche pungolati reciprocamente, sia nei commenti del blog che via mail.
Fantavir è un autore di giochi piuttosto famoso nel nostro stivale e si occupa di giochi per la grande distribuzione. Io non ho mai nascosto una certa antipatia per i giochi "da supermercato", e così, non ci si guardava in cagnesco ma ci si studiava a una certa distanza.
Prima di partire per le ferie però ci siamo scritti.
"Considerato che saremo a una cinquantina di chilometri: e se ci incontrassimo per un caffè?"
Nei molti messaggi whatsapp il caffè si è trasformato in caffè con partitina al tavolo di un bar, poi filler tutta la mattina insieme, poi pranzo, finchè abbiamo concordato per: mattina, pranzo fuori, e spiaggia\mare nel pomeriggio.
Dovevamo pranzare in spiaggia ma il cielo ha cambiato colore, quindi siamo rimasti in casa e improvvisato una spaghettata, con affettati e formaggi.
Abbiamo pranzato insieme con moglie e figlia, e nel pomeriggio l'uomo Clementoni mi ha aperto le porte del suo studio e mostrato la sua ludoteca, con ripiano dedicato ai suoi giochi pubblicati.
Mi ha mostrato anche alcuni prototipi di giochi per bambini che usciranno a breve.
Insomma: il piano era giocare ma alla fine il grosso l'han fatto le chiacchiere (fondamentalmente perchè a me incuriosiva molto il suo lavoro e l'ho martellato di domande, domande alle quali lui non si è sottratto).
Alla fine ci siamo seduti al tavolo, e abbiamo tirato fuori i giocatori.
Abbiamo cominciato con un 8X di ignoranza, che è scivolato veloce e immediato come sempre.
Poi lui ha cavato il suo Tuareg.

Nota: durante il lungo carteggio via mail, avevo già notato, nel curricula di Fantavir, questo card game di ambientazione fra Targi e Jaipur.
Estremamente portatile, indipendente dalla lingua, a bassissimo costo (6.50€) e bollato come "discretamente strategico", sembrava il classico gioco destinato a piacermi.

Gioco da 2 a 4 giocatori, composto unicamente da un mazzetto di 66 carte e da un libretto di istruzioni.
Obiettivo del gioco: ottenere la maggioranza di merci (miglio, sale, oro e acqua) caricate sui propri cammelli, e più punti vittoria alla fine della partita.
E' possibile caricare fino a 4 merci su ognuno dei due cammelli a disposizione (tre cammelli, nella versione per due giocatori), con un paio di restrizioni per l'oro e per l'acqua (le merci più preziose).
Quattro le azioni a disposizione: pesca 3 carte dal mazzo (2 le tieni e 1 la scarti nel "mercato"), prendi fino a 4 carte da una fila del mercato, carica i cammelli con le merci che hai in mano, e vendi le merci per ottenere una carta speciale.
Le carte speciali sono: covo (permette di nascondere\proteggere 2 carte), ladro (ruba una carta all'avversario), asino (permette un terzo carico di merci), mappa (carta vanilla che dà due punti vittoria).
Tuareg si è rivelato un buon gioco, piccolo nelle dimensioni ma ingegnoso e ben oliato nelle meccaniche, e tra l'altro gira benissimo anche in due-
Approfittando del mazzetto donatomi da Fantavir, ne ho già giocate una dozzina di partite, e alla fine Tuareg è entrato nel portamazzo che porto sempre con me nel marsupio per giocate "d'emergenza" (cacciando fuori Love Letter e Coup).
Davvero una bella giornata, troppo corta come tutte le giornate di questo tipo.
Un grazie a Fantavir e alla moglie per l'ospitalità e per avermi aperto le porte di casa, spero che il prossimo agosto ci si possa ritrovare e mangiare una pizza insieme (io praticamente lo do per assodato, anzi posso dire di aver già prenotato il tavolo).

Epilogo
Rieccomi, quindi.
Vacanze finite, zanzare inchiodate sulla retina della zanzariera, ruota di nuovo in movimento.
Si riparte.

giovedì 7 agosto 2014

Tikal 2 con cheesecake

Ogni mattina a Torino quando sorge il sole...

Da ragazzini, e parlo degli anni '80, quando si potevano ancora stendere i panni sui fili del balcone e le mamme ti mandavano sotto a raccogliere le mollette che saltavano giù, noi figli del segmento popolare Fiat Panda, si giocava nel cortile condominiale. Era fatto ad "L" e dava sul retro dei negozi (che spesso avevano nel cortile un bagno con la turca, nascosto da una porta in legno), con un'autorimessa interna che parcheggiava a tempo indeterminato bidoni d'olio e cataste di pneumatici.
Il cortile era una distesa di cemento grezzo e ruvido, irto di irregolarità (gli operai che l'avevano colato non dovevano aver pensato ad un uso "terrestre"), e le nostre ginocchia erano mappe topografiche di croste dalle mille sfumature. Ho un ricordo vivo di quelle croste che si susseguivano l'un l'altra.
Le scarpe da tennis ai piedi, le disintegravamo a settimane alterne.
Giocavamo per terra senza alcun pudore e ci arrampicavamo su qualunque cosa capitasse a tiro (io e Alberto, che eravamo i più grandi anagraficamente, eravamo gli incaricati ufficiali del recupero pallone sul tetto dell'officina, tramite la scalata di un muretto e una camminata in bilico su una lamiera catramata che a ripensarci adesso, da papà, mi prende un groppo in gola).
Anche i nostri giochi riflettevano la nostra indole spartana.
Il calcio era estremamente "essenziale", e le molte piegature del regolamento venivano riassunte nell'unica tacita regola: tira la palla nella porta avversaria e impedisci all'avversario di tirare nella tua (con qualunque mezzo).
Scartare l'avversario significava quindi menargli in maniera confusa calci sui polpacci e sulle caviglie, sperando che nella mischia la palla rotolasse via, e perchè un fallo fosse considerato tale, uno dei due ragazzini doveva minimo cascare a terra molto malamente (e dico MOLTO malamente, perchè in verità si continuava a menar colpi anche da terra). Erano naturalmente valide le trattenute per la maglietta, gli spintoni a mano aperta (a mano chiusa venivano considerati pugni e sanzionati verbalmente con "Cazzo fai dai pugni?!"), e anche lo sgomitamento nelle costole era guardato con molta indulgenza.
E credetemi: non c'era un grammo di cattiveria in noi, semplicemente si giocava così, quasi il pallastrada de La Compagnia dei Celestini di Benni.
Le cose prendevano una piega bizzarra quando venivano in visita nel nostro cortile i classici cuginetti.
Mamme e zie si affacciavano al balcone: "Marcooooo sta scendendo anche tuo cugino Alessandro, fatelo giocare con voi".
Molti di quei cuginetti giocavano nel circuito dei tornei "bene" dell'oratorio, e alcuni persino nei circoli sportivi riservati ai figli dei dipendenti Fiat (che si fregiavano, direi a sproposito, del titolo di Vivaio Pulcini Juve \ Vivaio Pulcini Toro).
Ci giocavamo insieme perchè dovevamo, ma non era gran che divertente. Erano fatti di pastafrolla e andavano giù ad ogni contrasto. Crollavano a terra in lacrime, rotolandosi per terra con la gamba destra dolorante, e si lamentavamo per tre quarti della partita, chiedendo continuamente fallo (tipo trenta falli a partita, roba che noi per batterne tre doveva essere morto un bambino).
Un gioco al massacro per loro, una noia mortale per noi.
Tuttavia, quando qualcuna di queste fichette senza croste sulle ginocchia, riusciva a filtrare attraverso i nostri cespugli di calci, lo vedevamo correre verso la nostra porta agile come una gazzella (inseguita da un branco pitbull scoordinati).
E non calciava una puntonata con violenza inaudita mirando ai coglioni del portiere come facevamo noi: cercava l'angolino, il pallonetto, la foglia morta, o andava a scartare il portiere per entrare di corpo in porta.
Quindi, noi che lo sapevamo, avevamo una ragione in più per fargli saltare via le caviglie.

E' il turno di RedBairon scegliere il gioco main event della serata, ed è così emozionato che per una volta tocchi a lui che cambia idea mille volte, come un bambino in una gelateria al quale si dica "Puoi scegliere un gusto e uno soltanto".
Alla fine punta il dito su Tikal 2, barattato di recente con un goblin della Tana.
Passo a prenderlo sotto casa e ci fermiamo a comprare una vaschetta da un chilo di gelato.
"Stasera dovrebbe esserci anche un amico di Viking" mi spiega in macchina RedBairon, "...Carontissimo...mi pare si chiami..."
Arriviamo sotto casa del vichingo e saliamo.

Tikal 2
Gioco di esplorazione e caccia al tesoro, fra le rovine di un antico tempio perduto e poi ritrovato, in chiave german. Da 2 a 4 i giocatori-esploratori, tedeschi in fase di esplorazione e speculum, ma italianissimi quando si tratta di smarrire le chiavi appena recuperate.
Si gioca su un bel tabellone, al centro del quale è raffigurato l'antico tempio sbocconcellato dai secoli.
Solo due le azioni a disposizione: una principale, rappresentata dalla circumnavigazione dell'area a mezzo canoa, con raccolta delle tessere azione\bonus, e una opzionale (opzionale una ciufola!) di esplorazione interna delle stanze del tempio.
L'interno del tempio viene composto attraverso la pesca e il posizionamento degli esagoni, che possono essere attraversati solo per mezzo di chiavi del colore corrispondente. Molte le azioni possibili per far punti: dal pescare tesori e poi rivenderli nel momento migliore tramite una ruota che ne determina il valore corrente, alla conquista delle stanze vergini piazzando la propria bandierina per primi.
Il gioco si articola in due macro turni, in mezzo ai quali si inverte l'ordine di turno dei giocatori.

Attorno al tavolo il sottoscritto, Viking, RedBairon e un inedito Carontissimo direttamente dalla città dell'aceto balsamico, al quale stringo la mano.
"Mi ha detto Viking che sei una pippa assurda" mento facendo un po' di pretattica
"Ma non è vero!" protesta Viking
"Vedremo" sorride un Carontissimo per nulla impressionato.
Per il dopo Tikal dovrebbe raggiungerci Pillow, moglie del vichingo, attualmente impegnata nell'addormentamento del vichingo junior. Il programma della notturna è un "5" a Notre Dame, ma vi anticipo già che come al solito andremo lunghi, e ripiegheremo su un Coloretto a portar via.
Red "Tritaregolamenti" Bairon ci sbobina Tikal come neanche l'autore davanti al suo editore, e cominciamo a scavar la terra del tempio a mani nude.
Sono il quarto a muovere ma la imbrocco giusta, ottenendo dall'intero gruppo l'ammirazione e il rispetto che si deve ai grandi.
"Eh, il Dado, mica è un pizza e fichi qualunque" commenta RedBairon
Il mio gioco e i fatti dimostreranno il contrario.
In pochi turni mi piazzo stabile a fondo gruppo, fanalino di coda fisso, ad assicurarmi che nessuno rimanga indietro.
A tenermi compagnia pochi zompi più avanti Viking, che azzecca le sue giocate al 50%.
A contendersi tesori più succulenti e podio sin dalle prime note, RedBairon e Carontissimo.
Punto tutto su Red che gioca in casa ed è proprietario del gioco.
Dimostrerò di esser un pizza e fichi anche nelle previsioni.

Nel fitto della partita Pillow ci raggiunge in cucina, e decide di spezzare l'aria greve di uomini duri all'odore di cane bagnato, estraendo dal frigo una cheesecake alta quattro dita, e tempestata di frutti di bosco. Come raccontavo alla Giullaressa durante l'incursione a casa loro, io amo le cheesecake (e non mi fido degli uomini che non amano le cheesecake).
Me ne taglia una fettona spessa come Il Signore degli Anelli, e probabilmente ammaliata dal mio fascino di blogger mi riserva i frutti di bosco più grossi.
Viking stappa una bottiglia di KeTo del birrificio del borgo, una porter impegnativa con in infusione foglie di tabacco toscano (nota: la KeTo sta diventando la birra-bordgame, credo sia la quarta bottiglia che replichiamo).
La cheesecake e la keto diluiscono la cupidigia attorno alle rovine del tempio, e il gruppo (guidato dal Leader Critico) si lascia andare a sproloqui di prototipi e filler da inventare (se nei prossimi mesi scriverò un post dal titolo "Ecco il mio prototipo di Zombie Badola!" sappiate che tutto è cominciato con una cheesecake).

Alle porte della mezza riponiamo Tikal 2 nella scatola e meniamo il can per l'aia con un giro a Coloretto.

Davvero interessante, Tikal 2. Colorato, tedesco nelle meccaniche ma senza troppe costrizioni, ben amalgamato e non frammentario, molto gradevole da giocare, buona componentistica e con ciliegina sulla cheesecake di precisi divisori interni nella scatola.
Titolo promosso senza riserve.

A trionfare al gioco degli archeologi, l'esordiente (si fa per dire) Carontissimo, palesemente su un altro pianeta rispetto a noi altri tre muzzuni.
Argento un RedBairon fra il contuso e in confuso, bronzo il vichingo tutto chiacchiere e distintivo, medaglia di legno il fanalino di coda critico.
L'unica nostra speranza di fermarlo era colpirlo fra caviglie e polpacci, gambizzarlo, strappargli il crociato anteriore, falciarlo col nostro gioco ignorante di ragazzini con le croste.
E invece non l'abbiamo marcato stretto, non gli siamo stati addosso con i denti piantati sulla giugulare.
E indovina un po? Scansato il nostro groviglio di calci sgraziati, ha trottato verso la vittoria con l'eleganza di chi sa davvero giocare.....

Ogni mattina a Torino quando sorge il sole, i putbull si svegliano, e sanno che correre non servirà a niente, perchè la gazzella è molto più veloce di loro, e che l'unico modo per fermarla è spezzarle quelle sue flessuose e agili zampe....

martedì 5 agosto 2014

Comprobatio te salutant

Quella che vedete nella foto è la scatola del prototipo di Archean, uno dei prossimi titoli AlbePavo. Me l'ha portata Jocularis qualche settimana fa, in cambio di una teglia di lasagne e di un paio di birre.

L'amicizia con Jocularis, della quale avrete già intuito leggendo i post su Archean, è nata sul blog: io avevo scritto un paio di post su Carnival Zombie, lui è capitato sul blog, ha cominciato a seguirlo, abbiamo preso a scriverci in privato, ci siamo scambiati i cellulari, e da qui in poi è seguito un lungo carteggio di foto oscene su whatsapp e telefonate molto lubriche nelle pause pranzo.
Finchè un giorno mi ha proposto "Andre: ti andrebbe di provare il prototipo del nostro nuovo gioco? Però ti avverto: è un prototipo"

Ricordo di avergli risposto "E' come se una donna mi avesse proposto: vuoi infilarmi la mano nella scollatura? Però ti avverto: non è proprio una quarta, più una terza abbondante".

Quando sei un giocatore come lo sono io, gli autori di giochi ti sembrano persone un po' astratte, non proprio come te, "diverse", distanti dalla tua realtà di tangenziale, lavoro, figlia da andare a prendere dai nonni che l'hanno a loro volta presa dall'asilo, e un'unica serata infrasettimanale in cui cercar di condensare tutti i titoli dei quali hai letto sui forum...gli autori ti sembrano persone un po' ...come dire... non del tutto in carne e ossa. 
Conoscerli di persona, passare qualche ora con loro, è una strana sensazione, come scoprire il trucco di un prestigiatore, o vedere la propria casa in costruzione e scoprire che sotto i pavimenti passano un sacco di fili e tubi.
Un mesetto fa mi sono trovato al tavolo con Andrea Chiarvesio per una partita serale a World of Warcraft, e a inizio serata ricordo di aver pensato: "Cacchio, sono al tavolo con l'autore di Kingsburg, lui ha inventato Kingsburg, io ci ho giocato a Kingsburg, e siamo allo stesso tavolo...". E a serata finita, mentre tornavamo alle rispettive macchine, ci siamo fermati mezzora a chiacchierare di giochi e meccaniche fichissime e titoli da provare assolutamente, col rischio che qualche signora del primo piano ci rovesciasse sulla testa una bacinella d'acqua, vista l'ora tarda...


Ma anche noi giocatori siamo bestie strane. Se da un lato guardiamo certi autori con occhi al limite del fanboy, dall'altro siamo spesso prodighi di giudizi e stroncature contro i titoli che non ci piacciono anche a fronte di molte poche partite e di prime impressioni (io per primo non sono esente da questo difetto).
Ricordo che agli Asterion Gaming Days, durante la demo di Hyperborea, un giocatore aveva commentato qualcosa del tipo "Eh, però l'abilità della razza X è molto più forte dell'abilità della razza Y", e il commento di un molto navigato e sereno Chiarvesio era stato "Noi abbiamo giocato a Hyperborea più di 200 partite... prova a giocare 200 partite e poi mi dici".
(nota: ricordo di aver visto su youtube un filmato datato novembre 2012 in cui Chiarvesio era già in demo\playtest con Hyperborea).

Ho whatsappato a Jocularis: "Quando arrivi sotto da me chiamami che scendo e ti faccio parcheggiare, che qui il parcheggio è un casino".
Mi ha risposto "Secondo il navigatore sono a cinque minuti". Sono sceso ad aspettarlo. E lui è arrivato.
Macchina familiare. In sandali.
Cazzo se è alto
.
Quando è sceso dalla macchina ho fatto per stringergli mano, e lui mi tirato a sè e abbracciato "Grande Dado, ahahahah".
Al posto di una bottiglia di vino per innaffiare le lasagne mi ha portato una copia dei giochi Albepavo da provare. Me li ha portati come io porterei gli habanero delle mie piante a un amico, fiero dei miei frutti urticanti, scegliendo i più grossi e i più belli e tagliandoli nella parte alta per mostrare anche il picciolo.
Abbiamo attaccato la teglia di lasagne. Ne ha spazzolati due piatti, mentre mi raccontava tutti i retroscena di Munera, il loro primo gioco come Albepavo. I suoi occhi scintillavano rivivendo i loro primi passi come autori, e aveva un aneddoto per ogni singolo elemento di gioco che gli capitava in mano pescando dalla scatola aperta: "Questa carta fa riferimento a un gladiatore che, guarda, questa te la devo proprio raccontare Dado, praticamente questo gladiatore...."
Mi ha colpito molto l'importanza che aveva per Jocularis la fedeltà storica di Munera. Quando mi ha parlato del Comprobatio, che io conoscevo come pollice alto o pollice verso, a decidere le sorti del gladiatore, gli ho chiesto perchè il cartoncino raffigurasse invece un pugno chiuso e una mano aperta.
"Quello del pollice è un falso storico" mi ha spiegato Jocularis "I due segni del comprobatio erano: mano aperta, pollice teso, fallico, simbolo di virilità e del gladio estratto dal fodero, oppure pugno chiuso, pollice piegato all'interno del pugno, gladio riposto nel fodero".
Gli ho chiesto il perchè di questa scelta, e se non fosse stato più saggio (commercialmente) scegliere due simboli più facilmente riconoscibili dai giocatori.
"Volevamo che fosse più fedele possibile" mi ha spiegato.

Il pomeriggio è stato Archean, o almeno: il suo prototipo, provato sul mio tavolo della cucina, insieme a Viking che ha fatto un salto da me, per non esser da meno.
Provarlo con Jocularis che raccontava tutti i dettagli dei pezzi è stato come essere sul set di un film e vedere gli attori dal vivo, senza trucco, senza tagli scenici, senza effetti speciali e computer grafica.
Me l'ha lasciato, da provare un po' di partite e mandargli un feedback...

La sera abbiamo cenato in un buon ristorante, parlato di mogli e di figli, e giocato a Love Letter (casualmente ce l'avevo nel marsupio) davanti a un piatto di gnocchi di castagne al castelmagno e a una caraffetta di vino fresco.
Abbiamo preso anche del pesce, specialità non proprio piemontese, ma lì lo fanno buonissimo.
Ci siamo salutati a notte inoltrata, rammaricati per un sacco di giochi irrisolti di cui non avevamo parlato.
Quando se n'è andato mi sembrava molto più giocatore e molto meno "autore" , molto meno astratto di come me l'ero immaginato.