mercoledì 29 ottobre 2014

E mi raccomando: andate a giocare. Io non sono un criminale

Sono la banda degli Ex Giocatori. Rapinano le banche per finanziarsi una partita senza fine.


"Tu che fai, aspetti qui?"
"Aspetto qui"
Francy e la piccola entrano, ed io rimango fuori, accanto all'uomo dell'antitaccheggio di piantone all'imbustatore, in mezzo allo struscio dei carrelli ricolmi.
Centro commerciale. I negozi uno accanto all'altro della galleria mi ricordano le cellette delle api.
Stasera dovrebbe venire Red da me.
La serata board rappresenta il main event della settimana. Gli ho chiesto di portare il pezzo grosso.
"Che porto, Andre?"
"Mi ci va roba spessa spessa, Massi, questa settimana mi hanno fatto venire l'orchite. Mi serve robba pesante, "
"Quindi?"
"Due ore almeno, meglio se tre, devo ficcarci la testa dentro tipo secchio. Porta Rosenberg"
"Sicuro?"
"Sicuro"
Controllo il cellulare. Nessuna notizia del Vikingo, in trasferta a centinaia di chilometri per la maledetta pagnotta. Whatsapp è un mortorio senza gli sfottò al vikingo.
"Piove?"
Mi volto. Una promotrice in uno stand di cartone. Alta. Mora. Moderatamente figa.
"Quando sono andata a pranzo c'era il sole, ma ho visto dei clienti entrare con l'ombrello nel carrello" mi spiega
"No, non piove"
"Qui il tempo non passa mai, ma ancora mezzora e ho finito" mi confida. Scommetto che non vede l'ora di scendere da quei trampoli e ficcarsi un paio di pantofolone morbide.
Red mi ha detto che sono al ballottaggio Agricola e Ora et Labora, che non ha ancora deciso, da un lato vorrebbe Agricola ma anche la rotella ha il suo perchè.
La promotrice continua a parlarmi. Non per vendere: mi parla dei fatti suoi. E' fuori dal ruolo di venditrice, e anche mezza fuori dalla giacca, sbottonata un paio di asole di troppo, con il solco dei seni in vista. Cerco di non guardarla perchè credo che non se ne sia accorta, che sia semplicemente sbragata dopo una giornata in piedi a parlare di tariffe telefoniche ed sms verso tutti, e così distolgo lo sguardo.
Se una mostra la scollatura consapevolmente mi sento autorizzato a guardare, se lo fa senza accorgersene, non guardo.
Cerco di essere un giocatore corretto.
Casa.
Il messaggio arriva durante i compiti di italiano.
"Ora et Labora".
Perfetto. La volta scorsa ho investito in quella combo pietra+mattoni-> vasi+orpelli trascurando gli edifici, e Red se n'è andato in fuga di 100 punti. Stavolta dovrò...
"Papà: è noiosissimo fare tutta la pagina di M ! Le so già fare!" si lamenta la piccola
Non posso darti torto, topo. Mai piaciuti i compiti a casa. Ma non posso dirtelo, al 1° mese di prima elementare.
"Dai, topastro, togliamoci 'sta paginetta, che andiamo a giocare. Lo sai che stasera dormi nel lettone con la mamma?"
"Evvai ! Quindi viene un tuo amico, stasera?".
Beccato.
C'è questo tacito accordo: durante le serate board games sul tavolo della cucina, moglie e figlia dormono insieme nel lettone, e io finito di giocare vado a dormire nel lettino della piccola.
Molto più semplice da gestire: loro ronfano abbracciate e io non sveglio nessuno quando mi infilo sotto il piumone. Non male, se mi ricordo di rimuovere tutti i peluche di guardia al lettino: una pantera XXL della Trudy, Buck dell'Era Glaciale e Totoro.
"Dai, che siamo già a metà pagina..." la incoraggio.
Dopo cena telefono ai miei. Mio padre è sempre molto sbrigativo e a parte avvertirmi di alcune lettere intestate a me Io te le ho messe da parte ma tanto è tutta pubblicità, si assicura sempre che al lavoro vada tutto bene.
Con mia madre chiacchiero quasi mezzora. Mi chiede della bambina, se ha mangiato, se sta bene, mi raccomando copritele bene le orecchie, che ha cominciato a tirare un ventaccio gelido, mi aggiorna con le ultime indiscrezioni della nostra famiglia: "Ma lo sai che tuo cugino..." no, non lo so e mi importa meno di zero, è sempre stato uno stronzo opportunista all'ennesima potenza quel cugino, ma non glielo dico. Mi chiede cos'ho cucinato, se mi serve della frutta e della verdura al mercato, se sono sicuro di star bene perchè ho la voce roca.
Sono solo stanco, le spiego, al lavoro è un periodo che si corre.
"Allora stasera vi fate una bella zuppa di latte e andate tutti e tre a letto presto".
No, stasera viene un amico e giochiamo sul tavolo della cucina. Farò molto molto tardi.
"Fai quello che vuoi, l'hai sempre fatto, hai una testa che il maiale non la mangia da quanto è dura"
(un classico di mia mamma)
Arriva Red. Ci prendiamo un caffè e un cioccolatino alla grappa Sibona (sono quasi in riserva), strappo un paio di pacchi di patatine e li rovescio in un'insalatiera, stappo la Gilac ambrata che ha portato Red e riempio i bicchieri, monto la prolunga per il tavolo. Il contorno è pronto.
Red apparecchia Ora et Labora e rispolvera le regole.
Si comincia.
E' come infilare l'ago in vena, spingere lo stantuffo e realizzare all'improvviso  di non averla tagliata.
Purissima. Che allappa.
Tre ore di viaggio su una statale sperduta in mezzo ai campi di girasole.
Pensavo di essere in astinenza ma viene fuori che Red era proprio asciutto e si stava scorticando le braccia.
Provo a resistere alla lavorazione delle materie grezze, mi sforzo di sfruttare gli edifici e le combo dei punti rossi incrociati, ma non è proprio il mio gioco, io devo evolvere, manipolare la materia, e a metà partita ritorno a fare il vasaio come una Demi Moore sotto scopolamina.
La partita finisce. Red conta i punti, io conto i vasi. Riemergo.

La mattina dopo potrei fare la comparsa nella quinta stagione di Walking Dead. Francy viene a svegliarmi. Sono abbracciato a Totoro.
"Andre sono le sei"
"Mhmhhialzo tsubito" biascico.
Mi prendo l'ipad e faccio colazione col caffè, leggendo il nuovo pezzo su Pinco11.

Durante il viaggio in tange mando a memoria i dettagli di Ora et labora, spiegando all'arbre magic al retrovisore: "Comunque poco da girarci attorno: Rosenberg stronzate non ne fa" ed elencando mentalmente le 3932928 ragioni per le quali NON dovrei correre a comprarmi Ora et Labora quello stesso pomeriggio, una su tutte: "Ce l'ha già Red".
Ma quando passo una gran serata su un gioco non mio, poi mi viene voglia di possederlo, quel gioco, di comprarmelo. E' come se cercassi, attraverso l'acquisto, di garantirmi altre serate come quella, il mio tentativo di imprimere nella memoria, di salvare i dati su disco, di assicurarmi la memoria del passato e le serate del futuro.
Un po' come il blog.
Stando al calendario oggi fa un anno del blog, il che mi imporrebbe di pubblicare la foto di una torta con una candelina al centro, e invece ho rovesciato una borsata di Naga Morich sulla tastiera del portatile col quale scrivo i post, e me ne sono stato un po' con le dita immerse nei peppers.
Non sono un tipo da torta e crema chantilly: io sono per le tinte forti, per le birre superluppolate, per gli horror estremi: io il palato me lo spappolo con le bombe a mano.

Vi ringrazio per la compagnia, che come ho scritto qualche mese fa vi assicuro essere reciproca. Secondo il contatore in questi 365 giorni il blog ha registrato 72.000 visualizzazioni, che a me che scrivo questo blog in solitaria la sera e sono solo un giocatore "carne e sangue" sembra tantissimo.
Grazie a questo buco nel muro sulle mie partite serali che è il blog, ho conosciuto un botto di persone, molti giocatori appassionati e sanguigni almeno quanto me. Con alcuni mi sono seduto al tavolo e manipolato in maniera oscena token e segnalini, con altri ho solo scambiato messaggi col progetto di farci una birra insieme al primo evento ludico. 
Vi ringrazio per la passione, perchè per me si tratta solo di questo: passione.
Passione che cerco di riportare su queste pagine nella sua forma originale, nuda e cruda, grezza se deve esserlo, perchè è così che la vivo io e solo così mi piace raccontarla, senza sofisticazioni del cazzo.
Grazie agli amici vecchi e a quelli nuovi.
Solo gestazioni spinte.

Andrea

sabato 25 ottobre 2014

Fegato salvo con Pandemic Contagion & El Gaucho

Il mattino dopo Essen, esistono solo due tipi di giocatori: quelli che ci sono stati e quelli che sono rimasti a casa a mangiarsi il fegato, senza nè le fave nè il buon Chianti. Io appartengo alla seconda categoria, unicamente per mere questioni di soldi, che in quest'ultimo periodo non riesco proprio a stampare.
E rafforzativo dell'aver mancato l'evento, il fatto che il resto del mondo sembra invece esserci stato, e non parlo dei giocatori, che quello sarebbe il minimo sindacale, ma di persone insospettabili come un collega brizzolato e con vaghe rimembranze dello spot di Atmosfear su Italia1, o un tizio del palazzo di fronte che incontrato sull'aiola pisciando il topo-cane, mi spiega che lui poi mica voleva andarci a Essen, manco sapeva che fosse Essen, ci ha solo accompagnato un cugino, uno infognatissimo col gioco di carte del Trono di Spade, che comunque alla fine, dai, non è stato malaccio, si è divertito, dovresti provarlo una volta, Andre.
Così quando i Giullari mi hanno scritto per dirmi che il Jolly Joker organizzava una Serata Essen a base di wurstel, crauti, birra Paulaner e anteprime giochi, per dar la possibilità ai noi quattro sfigati segnati sulla fronte col marchio dell'infamia, di sentirci un po' meno sfigati e un po' meno segnati, ho cavato fuori dalla mia bocca caina e blasfema l'unica risposta possibile: "Ci vediamo lì"
Al mio fianco nell'uscita in notturna, il solito fedele Kato-Bairon, al quale ho di recente dato istruzioni, per tenermi in costante allenamento, di attaccarmi a sorpresa con un board game. Sospetto che proprio in questo momento sia nascosto in casa mia, magari rinchiuso in qualche armadio o in questa stessa stonza.
Mi ritrovo così al tavolo del JJ con Kato, con il Giullare Barbuto e Madame Feld, celebre coppia della Tana diventata oramai icona dell'invidia e del "Perchè io no?", con guarnizione di Giovanni, loro amico sofferente di una rara forma di paralisi d'analisi acuta in stadio terminale (meglio conosciuta come sindrome della statua di sale).

Pandemic Contagion
Titolo competitivo da 2 a 5 giocatori, della durata di una trentina di minuti a sentir la scatola, prezzato 25 euro, in inglese (parzialmente dipendente dalla lingua) e con minima componente di fortuna legata alla pesca delle carte città e degli eventi infausti.
Interessante l'ambientazione, con i ruoli del bene e del male invertiti: i giocatori sono virus letali in cerca di corpi caldi in cui andare ad abitare, espandendo la propria area di contagio e facendo collassare intere città.
Dato l'assunto che ogni ceppo è bello all'infezione sua, i giocatori gestiscono le caratteristiche delle proprie malattie sulle proprie plance incubatrici, attraverso tre parametri incrementabili:
1- velocità del contagio (numero di carte città pescabili)
2- intensità del contagio (numero di cubetti contagio piazzabili al momento dell'infezione)
3- resistenza del virus
Al centro del tavolo vengono posizionate le carte città, che riportano sia il valore di punti vittoria (ogni città può essere infettata con diverse malattie) sia il valore di collasso. Le città possono essere infettate spendendo carte dello stesso colore, o +1 carta se non si possiede il colore corrispondente.
Il gioco termina quando tutto il mazzo degli eventi si esaurisce, o se rimangono in piedi soltanto più due città.
Finto filler che promette 30 minuti ma che ne dura il doppio e che saccheggia a piene mani da Pandemia.
Divertente l'ambientazione dal punto di vista del virus, ed eccezionale la plancia giocatore, che oltre ad essere estremamente intuitiva e funzionale, con quel vetrino porta cubetti che fa tanto laboratorio analisi, aggiunge spessore 3D al virus.
La partita è durata un'ora abbondante, quasi un'ora e mezza, grazie al fatto che eravamo in 5 a contenderci le città e che ogni tanto dovevamo mettere uno specchietto sotto al naso a Giovanni, per verificarne la stato in vita.
Il premio "Ceppo Letale" è andato al Giullare Barbuto, che ha inseguito il Dado Sfittico in fuga sui 40 punti senza mai mollarlo un secondo, per superarlo al giro di tabellone rimarcando il sorpasso con "Dado io quasi quasi farei che andare...piuttosto facciamo che ci vediamo lì davanti". Vibrione d'argento il Dado e il fedele Kato, provati nei succhi gastrici dalla lenta piastratura delle salsicce in cucina al JJ, un filo più indietro Madame Feld, barcollante sui tacchi a causa della troppa leggerezza del titolo, e Giovanni, che a partita finita ancora calcolava la mossa migliore per il terzo turno.
Prime impressioni buone, Contagion è piaciuto agli altri soci al tavolo, lasciando qualche perplessità solo all'uomo la cui barba è fatta di crauti.
Tendo sempre a essere un po' più critico con quei titoli che si giocano la carta del "nome grosso" sulla scatola, come non mi fido di quei libri horror che portano la fascetta "Nella miglior tradizione di Stephen King!".
Quando scrivi il nome grosso ti porti dietro delle aspettative e un inevitabile giudizio sulle somiglianze, da parte di quelle persone che hanno comprato proprio perchè.
Il gioco quindi sarebbe bello, fatto e finito, se il suo nome fosse solo Contagion.
Ma il suffisso Pandemia sul coperchio della scatola, obbliga il giocatore e tutti i fan di Pandemia, dei quali mi sento capo curva spirituale, a fare almeno qualche considerazione.
Contagion raccoglie il pesante fardello del nome del padre per l'ambientazione (con ciliegina di una delle plance più suggestive e a tema che abbia mai visto), per le meccaniche delle carte città e per parte della componentistica, ma a mio discutibilissimo avviso manca proprio di quello che è il cuore pulsante di Pandemia: la sensazione di pandemia viva. In Pandemia i virus si moltiplicano in modo estremamente realistico, propagandosi e allargandosi a macchia d'olio alle città confinanti, e le reazioni a catena, l'esplosività dei focolai, lasciano al giocatore una costante sensazione di "Potremmo non riuscire a contenerlo".
In Contagion i cubetti non si moltiplicano: si piazzano. Non sono vivi, il contagio non si sparge: la malattia è inerte.
Non vorrei che queste righe sembrassero più dure di quello che sono: il gioco è indubbiamente valido e appartiene anche a quella fascia di prezzo alla quale difficilmente riesco a dire di no, è solo il suffisso Pandemia a non lasciarmi così entusiasta.
Nota a margine: un ringraziamento doveroso a Paoletta del Giocatorino per la disponibilità, la pazienza con noi duri di comprendonio, e per aver anche mangiato in piedi, pur di spiegarcelo e pur di starci dietro durante l'infinita partita.
Dopo avermi detto "Mizzica il Dado stasera fa il rompicoglioni" per le riflessioni su Contagion, Red ha proposto una pausa tattica per birra e siga, e per capire se potevamo buttare via qualche altro soldo con i titoli sulla rastrelliera.
Guardiamo, spizziamo e quasi compriamo. Quasi.
Resistiamo. Non so come.

El Gaucho
"Ragazzi: non mi piace ripetere quindi cercate di stare attenti finchè lo spiego".
Cambio all'angolo: esce Paoletta ed entra Simone, per farci da tutor con El Gaucho.
Gioco di piazzamento con dadi, da 2 a 4 giocatori, d'ambientazione mandriana di Carrù ed emiliano non tradisce, gringo.
El Gaucho si gioca su un tabellone pastello suddiviso in 3 aree:
1-area recinto, che serve unicamente per rollare i dadi
2-area tessere mucca (nella quale vengono posizionate le tessere mucca su 4 file)
3-area azioni (nella quale vengono piazzati i meeples, in perfetto stile worker placement)
Molto in breve: ogni giocatore-mandriano colleziona davanti a sè file di tessere mucca, e guadagna punti a seconda dalla lunghezza della fila (con alcune restrizioni) e dei punti riportati. Vince chi fa più punti.
Primo giocatore ancora il Giullare Barbuto, seriamente intenzionato a dimostrare che la vittoria a Contagion non è stata un caso. Tira giù una bella manata di dadi, ne sceglie due e apre le danze. Nonostante i dadi El Gaucho si rivela sin dai primi turni un buon german, strutturato in modo tale da consentire anche all'ultimo giocatore di turno e col pool più basso, di non sprecare azioni e investire per il turno successivo.
Il Barbuto tenta subito la fuga, ma Madame Feld gli si incolla alla nuca, stretta e soffocante come una sciarpa a ferragosto. Kato-Bairon, spiazzato dal ritmo sostenuto, passa al furto aggravato delle tessere avversarie, nel tentativo di piantare un legno nella ruota ai saltimbanchi, mentre il Dado, il più lento ad assimilare le meccaniche, si attacca al petto il cartellino "Fanalino di coda" e insegue con la flemma di don Abbondio.
La partita entra nel vivo, il tabellone sembra rimpicciolirsi e si sgomita l'un l'altro per starci tutti. Salgono la tensione e l'interazione secca.
Io riesco a piazzare un paio di buone giocate, Kato adotta la strategia "compra e vendi in fretta" , il Barbuto sembra prediligere pochi set ma lunghi, mentre Giovanni suggerisce a Madame Feld di infettare Tokyo.
La partita si conclude un'oretta dopo, con la riconferma del Giullare Barbuto uomo della serata e il Dado a sparecchiare il tavolo e a fare la differenziata fra bicchierini di plastica, cartoni della pizza e tranci di torta spappolati.
Tempo di ringraziare Bobbio per la serata e di scambiare due parole con Chiarvesio mentre agli altri tavoli si divorano il suo Hyperborea, e si esce in strada.

La serata al Jolly Joker non alleggerisce il carico sul fegato per il mancato Essen, ma almeno ne sdogana i titoli, ce li avvicina a casa, mette un bel punto e a capo all'evento.

Bella serata e un abbraccio ai Giullari: sempre bello giocare con voi, ragazzi, davvero.
Grazie1000
Questo post è per voi.
Buonanotte.

domenica 19 ottobre 2014

Guardarsi dentro

RedBairon si ferma qualche metro prima della porta.
"Tu non entri?" gli chiedo.
"No, io no. Devi andare da solo. Lui ti sta già aspettando".

Sta sfornando i biscotti.
"So chi sei, Dado. Sono subito da te"
"Sei tu Raistlin?"
"Indovinato. Non sono come tu mi aspettavi, vero? Siediti. Sai perchè RedBairon ti ha portato qui da me?"
"Red crede che..."
"Red crede. Sì, lo so. E tu a cosa credi, Dado? Perchè sei qui?"
"Credo di essere qui per giocare una partita"
"Una partita. Non è quello che facciamo tutti i giorni, giocare la nostra personale partita? Cercare di ottenere il più possibile con le carte che ci sono capitate in mano?"
"Perchè sono qui?"
"No, la domanda è sbagliata, Dado. La domanda giusta è: chi sei tu?"
"Sono... un giocatore"
"Un giocatore di german. Solo gestionali spinti. Lo sei davvero? O sei solo spinto quando scrivi cazzo sul tuo blog? Ti riempi le mani di Caylus ma porti alla bocca anche Libertalia e Quarriors, pretendi il biologico e il giorno dopo ti nutri col junk food. Anche il tuo nome, Dado, è un'incongruenza, è l'antitesi di quello che dici di essere. Sei un ossimoro, un paradosso di intenti, sei un token che cade dal tavolo e precipita all'infinito"
"Dimmelo tu allora cosa sono"
"Nessuno può dirti cosa sei, devi scoprirlo da solo, devi guardarti dentro"
"Come? Come posso scoprirlo?"
"Va bene. Prendi le mie mani e chiudi gli occhi. E ricorda: ti sto offrendo solo la verità"
..............................................

Tangenziale.
La mia uscita è quella subito dopo Leroy Merlin. Tornando a casa da lavoro mi ritrovo tutti i giorni a leggere la super offerta sul cemento, stampata su un maxi cartellone: 2,89€ per il sacco da 25kg. Di quelle cose che anche se non sai quanto dovrebbero costare in realtà, ti sembrano comunque convenienti: cavolo praticamente il prezzo di caffè e cornetto! e allora cominci a tastare il terreno con la moglie: "Certo che un muretto nell'ingresso ci starebbe proprio bene"
"Un muretto?!?"
"Massì, un muretto d'appoggio. Secondo me se cerchiamo in giro, al prezzo di un caffè e..."
Messaggio a Francy di prendere un pollo in macelleria.
Mia figlia ha cominciato la scuola da un mese e siamo ancora in fase di assestamento.
Compiti.
Liscia come l'olio quando andava all'asilo. Ora tornati da lavoro ci toccano i compiti, alla piccola e a noi che la seguiamo in questa prima fase. Disegna due insiemi uguali e due insiemi equipotenti.
Equipotenti?
Inglese: disegno di un orso con la cravatta che sale in macchina e saluta un papero. Cerchia la parola giusta: HELLO! o GOODBYE ? 
Arriva Francy, con la bambina e il pollo. Cucino il pollo al forno, con la birra, nuova ricetta che mi impegna i 10 minuti di preparazione della teglia e che mi dà un'ora abbondante per star dietro alla bambina e ai compiti.
Mi scrive Red.
"Ciao Andre hai sentito Raist?"
Ho già raccontato di alcune serate con Raistlin fra tentacoli gelatinosi, fantasmi con gli occhi a mandorla, e panini laser.
Raist è una mente illuminata, un religioso dei giochi da tavolo, e la sua collezione supera di dieci volte la mia e quella di Red messe insieme.
Gli telefono e dopo i soliti convenevoli e mi autoinvito a casa sua.
"A cosa ti piacerebbe giocare?" mi chiede "Ti dico gli ultimi titoli che mi sono preso". Me ne elenca una dozzina, che naturalmente non ho mai neanche sentito nominare, perchè ameritrash-issimi coi dadi nel midollo.
"Stupiscimi" rispondo.

Arriviamo più tardi di quanto vorremmo, io e Red, trafelati dopo l'ennesima giornata in cui incastrare una serata board game nella settimana non è stata roba semplice. Raist ci accoglie sulla soglia e mi presenta Astinus, suo amico e compagno di dadi di vecchia data.
La porta del suo studio è chiusa in modo sospetto.
"Sei pronto per quello che c'è di là?"
"Addirittura? Che cosa mi aspetta oltre quella porta, il walhalla degli american?"
Sorride. E apre la porta.

HEROSCAPE
Il plastico, composto da esagoni terreno ed elementi scenici, occupa tutto il tavolo e parte della credenza. Lo scorcio di mondo riprodotto, ritrae un castello, che torreggia su un altopiano verde, venato da due corsi d'acqua, e screziato da alberi e piante. Attorno al castello un fossato limaccioso, nato dal delta dei fiumi in prossimità della palude. In lontananza si scorge una cascata, e all'orizzonte degli antichi ghiacciai.
"Ma quanto ci hai messo?"
"Ho iniziato il setup ieri". Non scherza.
Skirmish a squadre: Raist e RedBairon da una parte, io e Astinus dall'altra. Fissato un limite di punti per gli eserciti (500 a squadra) cominciamo a scegliere le creature. Io come da copione compro le sberle a mani aperte, e mi spendo i miei 250 punti per: un serpent-idra a scaglie che ha il malus di attaccare solo corpo a corpo ma ha un'abilità (previo tiro di dado) che può fare instant kill, e un droide con un solo punto vita ma che: 1-spara a distanza a sette esagoni 2-rolla 8 dadi in difesa 3-se infligge danno attacca un'altra volta, a ciclo continuo.
Il socio opta per lo sciame, comprando tre gruppetti da tre, due light e un medium, non eccezionali in attacco ma molto utili per il controllo della mappa e dei glifi.
In breve.
Ogni unità ha un differente valore di movimento \ range di attacco \ numero di dadi attacco \ numero di difesa \ abilità, il tutto riportato in una scheda riassuntiva.
Ad ogni inizio turno i giocatori di entrambe le squadre assegnano alle proprie unità, coperti a faccia in giù, i segnalini ordine d' attivazione, che determinano chi si muove e quando. I segnalini sono quattro: 1-2-3-X, dove "X" è un segnalino fake, che si utilizza solo per mascherare le proprie intenzioni e intorbidire le acque.
Le unità si attivano nell'ordine 1-2-3.
I nostri avversari scelgono la linea coltellino svizzero, bilanciando meglio ciccioni e micro eserciti, e mixando le abilità.  Raist prende un uber drago che vola e fa danno splash + un gruppetto di pistoleri. Red, un trittico di nonmorti vanilla, un mid-hero che non si capisce, e un orko ciccioschiaccia che tira un dado in più per ogni ferita che ha addosso (per capire: quando gli rimane un solo punto vita attacca con 15 dadi).
Due i punti caldi anzi bollenti della mappa:
1-il castello, che domina tutta l'area e offre copertura e bonus per gli attacchi dall'alto (una volta entrati ci si può barricare dentro, e allora sono funghi di carne)
2-i glifi posizionati in giro della mappa, che ad andarci sopra con le unità attivano abilità del tipo "Tutte le tue unità tirano +2 dadi in difesa" , "Tutte le tue unità si muovono di +2 esagoni in più"...

Cominciamo.
Breve consulto con Astinus, e si parte con la ferma intenzione di entrare nel castello e piantarci la canadese.
Lui porta avanti gli angeli, che avendo volare sono immuni ai rallentamenti dei dislivelli del terreno (-1 movimento per ogni livello) mentre io copro dalle retrovie con la furia meccanica del bot, che spara a 7 esagoni e può impensierire chiunque. Gli avversari rispondono all'altezza: Raist fa decollare il calderone di fuoco squamato, con l'intenzione di entrare nel castello dall'alto, mentre Red prende il centro caricando con l'orco, che sembra abbia appeso al collo un cartello con scritto "Aspetto solo i vostri colpi".
La corsa al castello impegna entrambe le fazioni, tanto che decidiamo di spezzare gli eserciti.
Il mio serpente a scaglie, letale solo nel corpo a corpo, si rivela troppo lento, così concentro tutti i movimenti sul bot. Sulla stessa linea il mio socio, che porta sempre più in avanti gli angeli.
Gli avversari vincono per due volte il tiro d'iniziativa, e così il fottuto uber drago riesce a prendere il castello per primo.
La partita si inchioda attorno alla bestia, che da lassù domina tre quarti della mappa.
Ci avviciniamo ulteriormente, tanto che il drago vola giù a pestarci, per poi tornare a leccarsi le ali al sicuro fra merli e bastioni.
Sicuri che Rast non saprà resistere alla tentazione del danno ad area, con la scusa del controllo di un glifo, io e Astinus facciamo avanzare serpente e gruppetto di unità, abbastanza che possano entrare nel raggio d'azione del drago. L'intenzione è farlo scendere, subire l'attacco, e poi piantargli una sorsata di veleno in corpo, con l'ultimo segnalino attivazione "3".
Ma Raist fiuta l'inganno e non attacca, e quando dobbiamo rivelare il segnalino azione ogni sospetto diventa certezza. Raist si fa ancora più prudente, e tiene il drago ben riparato.
Alle pendici del castello intanto il resto delle unità se le danno sazi. Il bot prende gli esagoni davanti al portone di ingresso, e tira giù due non morti di Red, che mi sbatte sotto il naso l'orco, come a dire "Prova con lui". La partita e gli scambi di gomitate sui denti durano poco più di un'ora, con assottigliamento dei minieserciti da una parte e dall'altra.
A segnare la fine di giochi, la morte del mio bot, che viene attaccato da DUE dadi, e pur difendendo con NOVE dadi (posizione sopraelevata) non riesce a rollare due pidocchiosissimi scudi.
Cade il bot e tutti i filibustieri, inceneriti dal drago minerva.
L'unica soddisfazione, prima della resa, è l'uccisione dell'orco, ad opera di un'arcierina che non gli avresti dato due lire, e invece si è guadagnata lo stipendio.
Considerazioni
Heroscape è tanta roba, e intendo tanta componentistica di altissimo livello, millemila miniature diverse con abilità che scombano fra loro, in uno scenario da conquistare un centimetro alla volta sfruttando e abusando dei dislivelli e delle coperture del terreno.
E' un gioco semplice nelle regole e divertente nell'esecuzione, immediato, assolutamente alla portata di tutti.
Resta comunque un americanaccio fortunoso di quelli che solo Raist sa sfornare, in cui il tiro di dado la fa da padrona, e se in quel turno rolla male, beh, attaccati al tram e non prendertela con la macchinetta obliteratrice.
Il tiro iniziativa, che decide quale delle due squadre comincerà per prima nel turno in corso, può cambiare le sorti di uno scontro, quando due unità sono ingaggiate, e determinare chi resterà in piedi e chi andrà a far compagnia ai vermi, senza contare quei casi borderline in cui non riesci a far uscire DUE stramaledetti scudi rollando NOVE stramaledetti dadi.
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Tu sei l'eletto

Apro gli occhi.
Rastlin, seduto sulla sedia di fronte alla mia.
Mi sorride.

Mi sta tenendo le mani.
"Ho dormito?" gli chiedo

"Allora? Hai trovato le tue risposte?"
"Sì" gli rispondo "Le ho trovate, ma..."
"Sai perchè Red ti ha portato qui da me?"
"Lui crede che io sia il german alfa"
"E lo sei?"
"No. Non lo sono. Sono un german pippa. Anche se indiscutibilmente german"
"Sai cosa sei. Non è da tutti"
"Red...lui...lui mi aveva quasi convinto"
"Ti sei guardato dentro con sincerità e ti sei visto nudo. Non tutti reggono il proprio sguardo"
"E adesso?"
"Vai per la tua strada, e continua a giocare a tutto quello che ti pare. E non preoccuparti di essere german, american, family o ammazzachemazza: tu ti sei guardato dentro. Tu sai cosa sei. Vai in pace, Dado. Non appena avrai varcato quella soglia comincerai a sentirti meglio, e ti sembrerà di non aver mai creduto a questa storia del german alfa."

domenica 12 ottobre 2014

Colui che i GodZ vogliono distruggere

Non me la merito.
In coda alla cassa del supermercato alle 7 di sera, diretto dall'ufficio senza neanche passare da casa, non me la merito proprio 'sta quarantenne vestita da ventenne e truccata al buio, che davanti a me sul nastro cazzeggia con la cassiera. Esatto: cazzeggia, perchè le due sono amiche, e parlano in codice per non farsi capire dagli altri clienti: "Hai presente...sai chi dico, no?...LUI...che aveva detto che non avrebbe mai più....che tanto alla fine, guarda, lo sapevo che avrebbe..."
La cassiera passa le simmenthal sul lettore barcode in slow motion, per sentire la fine della storia, e io penso che potrei ucciderle entrambe con la confezione da 12 di bastoncini di pesce, perchè il resto della spesa nel carrello è tutta roba morbida: prosciutto, insalata, mozzarella...
"...aveva promesso...che poi lui è uno che..."
La confezione del Capitano che si spappola su quelle due dita di ricrescita castana sul biondo oro, pepite di merluzzo inerte che rotolano da tutte le parti...mhmhmhm è un'arma così stupida che potrei ottenere le attenuanti dell'infermità...
"...ma secondo te, sincera eh, secondo te ci è andato?"
"Ci è andato, ma garantito proprio che ci è andato" intervengo, incollandomi addosso i loro sguardi spalancati fra il sorpreso e il ma come si permette ?
Il clown biondo ritira la spesa nei sacchetti e se ne va, lasciandosi dietro una scia di veleno che manco un cobra in quei giorni del mese.
"E' una mia amica" mi spiega la cassiera, certa della mia comprensione, mentre io valuto ancora l'opzione manganello Findus, tanto ho un amico avvocato.
Nel parcheggio whatsappo al vikingo e al tritamanuali per la serata RedGlove al Terre Selvagge di Settimo, con Marco Valtriani nel ruolo di mattatore e Cerreti una vita da mediano. E' stata una settimana complicata per me e per il vikingo ed abbiamo bisogno se non di vincere almeno di portare a casa il maledetto punto della bandiera.
"Raga io mi porto dietro Caylus, metti che i tavoli coi giochi sono tutti occupati, cazzo ci facciamo a Settimo, ci grattiamo la pera?"
"Scusa ma quando vai in birreria tu ti porti dietro gli hotdog da casa, metti che abbiano finito i panini?" 

Arriviamo a Settimo alle 22.00 passate. Durante il viaggio in macchina si discute delle solite cose, con puntuale parentesi sulla possibilità di mollare l'ufficio e mettersi con la roulotte a vendere panini con la porchetta davanti allo stadio.
Tempo di far spezzare una sigaretta al Red e annusare la presenza di un qualche pub in zona, ed entriamo.
All'ingresso troviamo il TeOoh delle Recensioni Minute e Benedetto con il prototipo di MoodX in tasca (con i quali abbiamo di recente banchettato a Naga Morich alla Ludoteca Galliatese), e allora si improvvisa un tavolo talmente hardcore che devono isolarci in una stanza a parte e foderarla con i cartoni delle uova, per tutelare i giocatori minorenni.

GODZ

Saremmo lì per piluccare la nuova linea di giochi family, ma Gordon-Valtriani, chef in cucina da incubetto risorse, decide di saltare gli antipastini light e buttarci in pasto direttamente il bufalo cafro più grasso del branco: GODZ
Trattandosi di una mezzena di un paio di quintali, impegnativa anche solo a smembrarla, gli viene in aiuto il norcino Cerreti, in veste di disossatore della carcassa-regolamento e frollatore di lembi strategici al sangue.
Gioco da 3 a 5 giocatori, tedesco nelle meccaniche, della durata presuntuosa più che presunta di 90 minuti (dico presuntuosa perchè la prima partita potrebbe tranquillamente durarvene 180).
Ogni giocatore controlla avatar e fedeli di una divinità capricciosa e arrogante, ossessionata dall'eresia del politeismo. Scopo del gioco: guadagnare più punti gloria delle altre divinità per dimostrare una volta per tutte chi è lo re.
La partita si svolge su una mappa a tessere esagonali, rappresentanti cinque differenti tipi di territorio, che corrispondono a cinque diverse risorse. Si starta con il proprio avatar e con 3 soli fedeli, ma è possibile sbloccarne altri 3 raccogliendo risorse e spendendole sulla propria plancia. Cuore grondante di Godz la strada del potere, che corrisponde, sulla plancia, a una serie di "bivi" che il giocatore dovrà percorrere col proprio segnalino per attivare le azioni dei fedeli, dell'avatar, la costruzione dei villaggi o i miracoli. Le risorse per ogni attivazione si raccolgono sul tabellone a esagoni occupando le tessere territorio, e vengono calcolate a ogni fine turno giocatore.
Moneta corrente del gioco i punti gloria, che possono essere guadagnati resettando, dando battaglia agli avversari, edificando villaggi e controllando territori. Questo molto a grandi linee.

GODZ NON FA CREDITO
Godz è un gioco duro, che non fa sconti, e che pretende dedizione.
Sappiatelo.
A dispetto delle illustrazioni, che potrebbero farvelo immaginare come un german molto molto light (a guardarlo in foto pare quasi un Catan nell'astuccio di Munchkin) Godz è un gioco per gamers.
La confezione nella quale è avvolto è ingannevole e se vogliamo anche un po' scorretta, come conservare l'acido muriatico nella bottiglia di Winnie the Pooh. Ma se proverete a sottovalutarlo, Godz vi aspetterà al varco, perchè sugli esagoni di Godz non basta semplicemente "esserci" per far punti.
Il meccanismo del reset delle risorse ad ogni fine turno non consente di accumulare, ed obbliga il giocatore a pianificare a lungo termine, impedendogli di vivere alla giornata o di fare comunque qualcosa a prescindere.
Godz non paga l'inerzia, non premia chi non ha un piano, non regala neanche il gettone presenza a chi non sta alle sue regole.
La partita demo al Terre Selvagge è una lezione di umiltà. Cominciamo con la strafottenza dei giocatori navigati che hanno visto tutto, e naturalmente prendiamo il reset risorse sotto gamba. Dopo quattro turni siamo tutti punto a capo, tanto che RedBairon spara: "Oh, raga, vi dico solo che quanto a durata della partita sulla scatola c'è scritto: PRANZO AL SACCO".
Giochiamo con maggior attenzione e qualche briciola riusciamo a metterla via. Io risulto il peggiore al tavolo, poche idee ma confuse, mentre TeOoh, Benedetto e Viking investono sulla guerra, passando tre quarti di partita a spintonarsi con gli avatar e a calpestar fedeli, e capitalizzano un paio di tessere. Mosca bianca il solito RedBairon, che in quanto giocatore alfa, costruisce due dei tre villaggi e sblocca (se la memoria non mi inganna) due dei tre fedeli dalla strada del potere. A lui la vittoria virtuale della partita.
Nei giorni successivi ho avuto modo di riprovare Godz (e addirittura studiarmi quello che credo sia il miglior start possibile: in 4 turni costruisco il primo villaggio e sblocco il primo fedele... @valtriani si può fare di meglio?) e confermo quanto detto: è un gioco duro, che richiede dedizione e impegno, con una buona longevità e un buon rapporto qualità\prezzo (25 euro).

Finita la partita a Godz, in cerca della macchinetta del caffè, mi sono messo a cazzeggiare un po' col TeOoh, e l'uomo dell'ultimo minuto mi ha chiesto se mi andava di sedermi con lui davanti alla telecamera e raccontare qualche parola sul gioco. Ne è venuto fuori un video simpatico (spero), che potete trovare su Giochi sul nostro tavolo.

Ce ne andiamo verso l'una, salutando TeOoh e Benedetto, e ringraziando Valtriani e Cerreti (visibilmente provati per la prestazione multitasking ai tavoli).
Prima di rientrare a casa ci fermiamo ancora in un chiosco molto mal frequentato che abbiamo scoperto di recente (lascerò gli estremi sul blog, nel caso dovessimo sparire tutti e tre o dovessero ritrovarci galleggianti nella Dora) per un panino con la salsiccia e le consuete chiacchiere del dopo partita.
Mentre mando giù bocconi di maiale o altro animale spacciato per maiale, guardo Viking.
E' rilassato, sorride, racconta di TeOoh, di Godz, della partita a Vudù nella quale ha passato mezzora con una mano appoggiata sull'occhio, e pensa già alla prossima serata e mi chiede "Che facciamo, Andre?"
Ha staccato la spina, lui, è riuscito a resettare, resettare le proprie risorse e i propri pensieri.
Lo stress è spietato, non perdona, devi conoscerlo, stare alle sue regole, solo conoscendolo puoi imparare a resettare, anche solo un paio d'ore.
Lui ha segnato il punto.
Grande vikingo.
Io resto ancora il peggiore al tavolo.

martedì 7 ottobre 2014

I cultisti di Yggsmuhth


Non sono sicuro del mezzo che sto usando per questo messaggio. Sono molte le cose delle quali non sono più sicuro, a cominciare dalla mia sanità mentale. Comprendo la diffidenza di chi leggerà queste righe, se qualcuno le leggerà mai, perchè io per primo dubito di quello che ho visto e degli eventi di cui sono stato testimone.
Affido a questo computer che fatico a usare e a comprendere, l'unica speranza per la nostra umanità.

Nel 1962, in quanto brillante insegnante di ruolo al politecnico di Torino nel dipartimento di Ingegneria mineraria, e con una specializzazione sulla valutazione delle vulnerabilità dei terreni e delle acque sotterranee, fui mandato a Bristol per supervisionare il cedimento strutturale dell'ala ovest dell'ateneo di ****.

Al mio arrivo mi furono consegnate le chiavi di un appartamento attiguo all'ateneo, che avrei dovuto usare come alloggio e studiolo, e mi vennero  presentati gli altri due supervisori locali: David McGregor, geologo dalla cultura sconfinata e appassionato di antropologia, e Claude Van Zyl, giovane biologo del quale avevo letto controversi articoli sulle pubblicazioni di settore.
Le presentazioni furono molto veloci così come la preparazione degli strumenti di misurazione e delle borse di lavoro. Io stesso riempii la mia sacca con poche cose essenziali, come un blocco di carta, una lampada, una corda, dei vetrini, i pennellini e gli scalpellini, e le bolle per misurare le pendenze e le inclinazioni.
Entrammo nell'ateneo che era pomeriggio inoltrato, passando dalla navata centrale che era ancora aperta al pubblico, e percorremmo il lungo corridoio destro, ai lati del quale si affacciavano le aule e i laboratori tecnici. Notai subito le crepe sul pavimento e le piastrelle che sembrano sollevarsi come denti sotto i nostri piedi.
Dopo un po' di tempo giungemmo all'area interdetta al pubblico. Era sbarrata da due scaffali metallici fissati da due catene e da un comunicato che recava il calce il timbro del rettore, che vietata l'accesso a chiunque fino a data imprecisata.

Passammo sotto le catene e proseguimmo per il corridoio. Alzando gli occhi vidi che le crepe che attraversavano il pavimento, si arrampicavano come edera sulle pareti e risalivano fin sul soffitto a volta, disegnando oscure e inquietanti ragnatele.
Raccontare lo stato d'animo mio e dei colleghi, quando scendemmo le cinque rampe di scale che conducevano agli archivi, molti metri sotto terra, non è cosa facile.
L'aria era salmastra, fredda, marcescente, putrida. Nessuno di noi aveva mai sentito un odore simile. Ci ritrovammo al livello più basso e accendemmo le torce. David stava davanti, seguito da Claude e in ultimo da me.
Gli stretti e angusti corridoi che collegavano i diversi locali dell'archivio, avevano le pareti chiazzate a tratti da una strana muffa verde simile al muschio bagnato e alle alghe marine. Ne staccai un lembo e lo infilai in una provetta.
Districarsi nel labirinto fu complicato per via del buio e delle condizioni precarie del terreno. Finchè finalmente giungemmo al fondo dell'ala ovest.
Gocce d'acqua gocciolavano dal soffitto e sembravano sudare dalle pareti. Il pavimento era ricoperto da melme soffici di mille varietà diverse, in tutte le sfumature del verde sino al nero.
Il corridoio terminava con un muro. Dal muro fiorivano muffe spugnose e felci.
"Da dove arriva tutto questo?" chiese David accarezzando la vegetazione che sembrava crescere sul muro come una barba sul mento di un uomo.
"Arriva da dietro il muro" disse Claude appoggiando la sacca a terra ed estraendone un piccolo martello da lavoro.
Appoggiai la mano. Sentii chiaramente micropiantine e organismi vivi agitarsi sotto il mio palmo.
"Sembra acqua marina" dissi mentre Claude cominciava a staccare pezzi di muro col suo martello "Ma non si spiega a questa distanza".
Creammo un buco nel muro che ci potesse entrare un uomo a carponi, e uno alla volta ci infilammo. Al di là del muro si estendeva un altro corridoio, più basso, pendente che sembrava precipitare nelle viscere buie e impenetrabili della terra. Lo percorremmo con maggior difficoltà per via delle alghe marcescenti che si spappolavano sotto le nostre mani rendendo vano qualsiasi tentativo d'appiglio. Finchè io persi la presa e scivolai, travolgendo Claud e David.
Precipitammo giù per molti metri e quando ci rialzammo, eravamo nel luogo più antico e profondo dell'ateneo.
La stanza era grande, coperta in ogni angolo da piante acquatiche deformi e formazioni crostacee abominevoli. Molluschi rosa privi di guscio strisciavano sul soffitto lasciando colare al loro passaggio bave disgustose simili a colla liquida.
David illuminò con la torcia lo scaffale di libri proibiti che qualche pazzo o qualche eretico doveva aver nascosto e protetto. Le copertine dei libri, pur corrose dal sale, dall'umidità e dalle secrezioni di alcuni gasteropodi che si avvicendavano cadendo mollemente uno sull'altro, richiamavano tutte il nome di Yggsmuhth. Un libro in particolare, sembrava esser diventato tutt'uno con quella flora marina e submarina, tanto che dalla crosta pulsante si aprivano e chiudevano piccole valve molli.
Per estrarlo dal ripiano dovemmo usare uno scalpello, recidendo parte di quelle piante, che sembrarono ritirarsi con sofferenza.
Lo aprimmo e lo leggemmo.
Parlava di un culto molto antico e perverso, di una divinità chiamata Yggsmuhth, e degli uomini che la veneravano. Molte pagine erano dedicate alla raffigurazione della bestia.
Doveva essere gigantesca, più grande dei grandi cetacei dei mari con i quali sembrava comunque condividere alcuni caratteri. Aveva la testa grande come quella di un capodoglio, fornita però di due bocche simili a tasche, costellate di file di denti da squalo, attorno alle quali si allungavano ciglia e tentacoli filiformi. Gli occhi presentavano una doppia palpebra, peculiarità degli animali del deserto e degli ambienti sabbiosi.
Sull'addome stavano sei coppie di organi sessuali maschili e sei coppie femminili, e una serie di sacche ventrali probabilmente destinate ad ospitare i feti. Sul dorso, in prossimità della grande pinna caudale, si allungavano due ampie ali membranose simili a quelle dei pipistrelli, e altre due più piccole e rachitiche, inadatte al volo.
Non so come ma improvvisamente mi ridestai, riprendendomi da quel torpore distorto simile al sogno febbrile, riacquistai la mia lucidità. Indietreggiai, barcollai, quasi caddi. E seppi dell'insana bramosia che scatenava quel libro e il culto di Yggsmuhth.
Afferrai i miei soci dalle spalle e li strattonai cercando di strappar loro il libro dalle mani. David mi colpì al volto con un pugno, mentre Claude con gli occhi in preda alla follia si strinse il libro al petto, come avrebbe fatto una madre per proteggere il figlio. David si mise di mezzo fra me e il libro e sollevò il martello col quale aveva scavato il buco nel muro. Nei suoi occhi dardeggiava la pazzia.
Fuggii via, arrampicandomi con la corda e gli scalpelli per l'impervio e viscido pozzo. David e Claude rimasero là sotto.
Tornato in superficie e nel mio alloggio, lavorai tutta la notte su disegni e progetti.
Il giorno successivo riunii d'urgenza i vertici dell'ateneo, rettore e consiglio tutto, e presentai una piano di demolizione dell'ala ovest. Non raccontai naturalmente di ciò che stava nelle profondità nè dei due colleghi abbandonati al delirio. Spiegai che dovevamo separare l'ala ovest d'edificio e demolirla velocemente, per salvare il resto della struttura ed evitare il completo collasso.
Mi credettero. D'altra parte mi avevano chiamato apposta perchè dicessi loro quello che dovevano fare. Tutta l'ala ovest fu demolita. L'archivio e la voragine sotto di esso, furono seppelliti da tonnellate di macerie.

Col passare degli anni mi ero quasi convinto di avercela fatta, di aver sigillato quel libro infetto e tutto il male che si portava dietro nelle viscere della terra.
Finchè qualche settimana fa l'ho ritrovato. Ero a cena a casa di un amico, e il figlio maggiore mi stava mostrando la sua collezione di giochi da tavolo ben allineati sui ripiani della sua libreria.
"Mostragli Ancient Terrible Things" lo ha apostrofato il padre "Ultimamente giochi solo più a quello".
Gli occhi del ragazzo si sono spalancati, poi stretti e fessura e poi ancora spalancati, e io vi ho visto l'embrione di quell'insana follia che avevo scorto negli occhi di David.

Mi sono procurato una scatola di Ancient Terrible Things. Pur stilizzate le illustrazioni ripropongono le immagini del libro maledetto, la simbologia esoterica, la numerologia incomprensibile e più simile a una cabala dettata da un folle. Ma è studiando le meccaniche che ho compreso davvero le dimensioni dell'orrore.
Non si tratta di un gioco.
C'è un nuovo ordine di cultisti, un ordine tanto moderno quanto perverso negli intenti, che sta diffondendo il culto di Yggsmuhth. Si tratta sicuramente di cultisti molto eruditi e con una gran dimestichezza nei meccanismi della comunicazione e delle nuove tecnologie.
Essi hanno trasportato il libro e i rituali di preghiera a Yggsmuhth nelle meccaniche del gioco Ancient Terrible Things. Questo nuovo ordine di cultisti sta diffondendo nelle nostre case le spore del male e il Verbo di Yggsmuhth attraverso i nostri figli.
Gli innocenti sono convinti di giocare, ma in verità ogni loro gesto è manovrato secondo un preciso protocollo. La congiunzione della mani e i molti movimenti necessari per la manipolazione delle carte, il posizionamento sul tabellone delle pedine e di certi simboli rituali, l'uso di precise immagini icononografiche: nulla di tutto ciò è casuale. Il setup del gioco altro non è che il cerimoniale della preghiera, in cui il tabellone è altare e il giocatore inconsapevole cultista e adoratore di Yggsmuhth. Ogni partita avvicina l'uomo alla bestia attraverso le carte che vengono evocate con il rituale dei dadi e di un'antica numerologia pagana.
Le mani soprattutto, che toccano simboli, numeri, icone, rune.
E il gioco nella sua perversione è ben mascherato e gratifica il giocatore, che crede di collezionare oggetti e set di simboli con l'unico fine di guadagnare dei punti vittoria, e invece sta adorando la ripugnante creatura, la sta nutrendo con la sua fede.

Non so quanti crederanno a questo mio racconto, quanti scambieranno le mie parole per il delirio di un pazzo, ma devo provarci lo stesso, devo provare a fermare l'antico male che non sono riuscito a fermare quasi mezzo secolo fa.
Non so quanto tempo rimanga, ma sicuramente non molto. I nuovi cultisti stanno lavorando a una nuova espansione del gioco, un'espansione che promettono sarà "Proprio la fine del mondo"....

sabato 4 ottobre 2014

Un mercoledì da beoni

Mercoledì sera scorso, io, Viking e RedBairon abbiamo riempito una macchina di peli, sudore e un mezzo chilo abbondante di Naga Morich invecchiati in botti di cianuro, e siamo partiti direzione Novara, per andare a trovare i loschi figuri della Ludoteca Galliatese.
Sul blog di IdeeLudiche il report della serata.
http://ideeludiche.blogspot.it/2014/10/per-un-pugno-di-token.html
Grazie1000 ragazzi!