lunedì 30 novembre 2015

Animali immaginari

Un giorno le presenterò il conto di tutte le mie erezioni. Entrerò nel negozio e sbatterò sul piano del bancone il mio quadernetto a quadretti: "Lei è in un bel guaio, signorina! Quelle due asole sbottonate, con le quali si presenta ogni santo giorno che vengo a comprare i francobolli, mi ipnotizzano come le sirene di Ulisse e poi non mi lasciano in pace per il resto della giornata. Guardi, legga se non ci crede: è tutto segnato qui!"
Pensavo questo mentre uscivo dal negozio e risalivo sulla mia Fiat 127 color mattone più di 20 anni fa: di metterla davanti alle sue responsabilità.
Però c'era la questione di tutti quei francobolli, che compravo e che poi non usavo, che mettevo nel cassetto della carta da lettere, e dei quali nella sfuriata avrei dovuto rendere conto, nella misura di un francobollo da 800lire al giorno.
Beh, avrei inventato una fitta corrispondenza con un carissimo amico di Crotone, tal Federico Saltaferro, appassionato di fotografia, passeggiate in montagna e collezionista di strisce di Schultz.
Ma non ci sarei mai arrivato, perchè la tabaccaia, così felliniana, non esisteva davvero. Esisteva la donna che la calzava, una 40enne che mentiva sulla sua età, con capello corto biondo e frangia nervosa, che si ispirava chiaramente ad Amarcord nei suoi cosplay da sali e tabacchi. Era finta, esageratamente finta in quel rovesciamento di carne sul bancone, con reggiseni traboccanti come secchi d'acqua riempiti fino all'orlo e poi portati su e giù per le scale. Troppo per qualunque cliente maschio, per gli studenti del liceo che compravano il biglietto del 34 che fermava lì davanti, per gli operai che compravano sigarette Davidoff per far vedere che ne avevano, per gli altri collezionisti di francobolli comuni.
Avrei potuto organizzare una class action insieme con tutti gli altri clienti, così sì che l'avremmo messa al muro: "Lei ci deve rendere conto. Crede che non lo sappiamo che poi a casa mette la tuta ginnica come fanno tutte, e che dorme con i calzettoni?".
Del suo cosplay rimane solo il ricordo, deformato dagli ormoni di quegli anni, anni in cui ti prendevi una cotta per una singola porzione anatomica, e i segni di quel trauma, nell'incendio dei miei appetiti ogni volta che passo davanti a un esercizio del monopolio.

"Okay, prendiamo pure la mia, se hai fatto il richiamo dell'antitetanica"
Così mi scrive Chrys, col quale rimango per le 21.00 sotto casa mia. 
Arriva puntuale e la sua macchina si rivela meno peggio del previsto a parte un leggero strato di peluria sulla carrozzeria.
"Parcheggio sotto alberi di pecore" si giustifica.
Sulla strada per casa di Bambi, ci fermiamo a un distributore self.
"Che si gioca?" chiede infilando la pistola della super nel culo dell'ovino.
"Francesco aveva proposto Mombasa ma io mi farei anche uno Zhanguo".
Si riparte.
Parcheggio neanche a parlarne, ci tocca percorrere i viali con la freccia destra e a velocità puttan-tour. Le professioniste dell'est confondono e si fanno sotto, pronte alla pecora, ma poi si ritraggono spaventate dalla peluria sul cofano, che fa temere un serial killer armato di rasoio (per tosare).
"Stasera la passiamo in macchina" dico valutando l'opzione parcheggio in verticale fra un platano e l'altro.
Chrys non commenta e rumina in silenzio.

L'ascensore ha quattro stomaci. Ci vomita al 2°, poi ci rimastica e ci espelle al 6°.
Francesco viene ad accoglierci sullo zerbino. E' in ciabatte. Si mostra amichevole. Ma so che mi farà a pezzi per averlo chiamato "Bambi" nel report del Giocatorino.
"Siamo cinque" mi spiega invece.
Entriamo. Al tavolo ci sono già i suoi soci, la scatola di Mombasa e un calzone in un cartone da asporto.
Mi seggo fra Francesco e Marco, di fronte a Chrys e Rodolfo.
"Mombasa è da quattro. Alternative?"
"Peloponnes"
PELOPONNES
Tedesco per 2 - 5 giocatori del 2009, con illustrazione sul coperchio della scatola tipo "Impariamo la storia con Piero Angela", indipendente dalla lingua, della durata sincera di una 60ina di minuti.
German nudo e crudo nel quale la civilizzazione è puro pretesto, bassa interazione fra i giocatori eccezion fatta per un sistema di aste senza pietà, in una cornice di inevitabili sciagure di fine turno che fanno sembrare In The Year of The Dragon la giornata del castagnaccio all'oratorio.

Nonostante il buon livello di profondità, Pelo si spiega in 10 minuti d'orologio, mezza Peroni compresa, e si comprende in due giri di tavolo.
Scopo del gioco: espandere i campi di grano della propria civiltà fin dove l'occhio può arrivare, estrarre pietre perchè le case non si tirano su col fango e con lo sputo, tagliare legna e ordinarla in fascine, e accrescere la propria popolazione. Una quarta track bonus sulla plancia giocatore, che funge da ciambella di salvataggio per le risorse e per contenere i danni delle sciagure, che come detto sono due porcospini che giocano ad acchiapparella nei tuoi boxer.
Temo Francesco e Rodolfo che l'hanno giocato fresco tre giorni prima, ma dopo due giri d'asta i più pericolosi sembrano invece Marco, classico giocatore di poker che sfrutta i riflessi dello zippo cromato, e Chrys, bugiardo come quelle donne che ti dicono "Non voglio regali per il mio compleanno".
Inchiodato nel ruolo di primo giocatore ad ogni turno, asto a mani bucate, più di quanto serva per non perdere le tessere, così che mi tocca contare gli spicci che restano e giocare ogni turno sul bordo del baratro. Nel giro di tre turni la partita si fa stretta, comincia a mancare l'ossigeno e il fair play se ne va a farselo succhiare.

"Dado scordati di riuscire a prendere 'sta tessera" 
Ci si conta le monete l'un l'altro, uccelli saprofagi che sanno aspettare, cani accarezzati mentre mangiano, vermi che applaudono all'arrivo di un carro delle onoranze funebri Il Giubileo.
La partita finisce con l'ultima disgrazia, che fa meno danni delle sue sorelle, tranne che per Chrys. Vince Marco, seguito a distanza di un morso dal sottoscritto, in coda gli altri tre.
Molto molto interessante. Probabilmente non lo avrei mai preso in mano, a causa dell'illustrazione sul coperchio della scatola a metà fra l'educativo rompicoglioni e la corsia del Conad, ma gran bel gioco. E in 5 gira alla grande. Se state cercando un titolo da 5, dategli un'onesta possibilità.

MANGROVIA
Fra una scatola e l'altra buttiamo sul tavolo un cestinetto di grissini al burro e sale che manderebbero in overdose una capra, tanto son salati. Stemperiamo col dolce dei biscotti e dei baci di dama, e con l'amaro della birra, ma la pressione oramai è 150-110.
Parto con aspettative un po' alte per Mangrovia perchè ne ho letto un gran bene e perchè costa 29€.
Gioco con colori pastello allucinogeno in 50 sfumature di lime acido, d'ambientazione indigeni su isola, per 2 - 5 giocatori, indipendente dalla lingua.
Per il "chi siete e perchè" vi linko un articolo esaustivo di Bernapapà, perchè Francesco ce lo spiega senza perder tempo in sofismi: "Raga per vincere bisogna".
Quindi: i soliti punti vittoria immediati piazzando i propri segnalini tribù negli spazi terreno del tabellone, e un diluvio di punti a fine partita grazie alle maggioranze nelle righe e nelle colonne dei sacri totem.

Amuleti e uccelli del paradiso a parte, Mangrovia si gioca sulle capanne e sulle carte.
Per piazzare una capanna su uno dei territori del tabellone è necessario:
- che il territorio da occupare sia "attivo" nel turno in corso (a ogni turno il primo giocatore rende attivi 2 dei 4 terreni)
- giocare una carta terreno (esempio: una carta foresta)
- giocare una combinazione di carte la cui somma sia ESATTAMENTE il valore del territorio che si intende occupare (esempio: nell'immagine precedente posso giocare le carte 3 - 2 - 4 per occupare uno spazio 9).
"Non sembra complicato" mi sorride il giocatore di poker. Ha spostato il cellulare vicino al mazzo delle carte forse solo una combinazione o forse sta sfruttando il riflesso del vetro.
Francesco, al mio fianco, si è cavato gli occhi da agnello e si è avvitato quelli da lupo, che da padrone di casa non ci sta a rimanere a digiuno (tra l'altro ho scoperto che lega i mazzetti di carte dei giochi a crudo con gli elastici).
Rimango indietro sul tracciato punti, ma spargo le mie capanne in giro per tutto l'atollo, confidando nell'insalatona finale di maggioranze.
Mangrovia si rivela capricciosa e con reggiseno imbottito d'alea: c'è questa meccanica di dover totalizzare con le carte esattamente il valore del terreno (così che sei hai in mano 5-4-3-3 non riesci a occupare un'area 14) e poi ci sono le carte terreno da dover azzeccare, e le attivazioni involontarie degli avversari che possono farti saltare un turno....
"Sei venuto a giocare o a comprare francobolli che poi non attaccherai, Andrea?"
60 i minuti canonici di partita anche qui, con Rodolfo che all'ultimo turno mi soffia due maggioranze alla prova del totem, ma riesco comunque a chiudere primo, confemando una bella prestazione per la serata. Bella partita ma gioco meno fluido di quanto pensassi, almeno come primissima impressione.
Nota: il premio Lo Peggio Token a 'sto giro se lo vince di diritto questa barchetta di Mangrovia fatta a forma di dado knorr schiacciato nel frigorifero fra il cartone del latte e quello delle uova.

Sopravvissuti alla vendetta del massacratore di carte con elastico BadBambi, torniamo alla macchina.
Torino di nuovo di notte, licantropa nel meretricio da marciapiede oramai socialmente sdoganato, con le professioniste ad abbaiare alla luna e agli anabbaglianti delle macchine, e due giocatori fra pecora e lupo che rifanno la strada al contrario parlando di Descent.
Ci fermassero per un controllo non avremmo nemmeno l'alibi delle scatole.
"Grazie per avermi passato le carte" dico a Chrys, "Geniale infilare quella da 5 sotto il cestinetto dei grissini".
"Figurati. Non potevamo far vincere Francesco e la sua cricca".
Ghignamo. 

Mi infilo nel letto alle 02.00.
L'antinfiammatorio fa effetto, non ci ho bevuto sopra, la Peroni non conta, la cervicale la appoggio sul comodino sperando che domani si sia distesa.
Chiudo gli occhi.

La tabaccaia viene a rimboccarmi le coperte mezzora dopo.
Ha la stessa scollatura di 20 anni fa ma la faccia ricoperta di francobolli da 800lire appiccicati uno sopra l'altro.
"Hai vinto, stasera?" mi chiede attraverso uno strappo nella filigrana.
"Sì. Una vinta e una secondo. Perchè non riesco a vederti il volto?"
"Non essere ridicolo: smettila di fissarmi i francobolli e guardami dritta nella scollatura"
"Hai ragione, sono un'idiota"
 Sorride. La carta le si arriccia agli angoli della bocca. 
"Sono venuta a dirti che è ora di preparare l'Arca. Di imbarcare tutti i tuoi animali immaginari"
"Preferirei tenermeli ancora per un po'. Non c'è neanche una nuvola"
Con la punta delle dita si stacca un francobollo dalla guancia, la lingua rosa attraverso la fessura di carta ne lecca il dorso. Me lo appiccica sulla fronte. La sua mano è fredda coma bistecca del frigo.
"Oh, c'è un bel cielo nero, stai tranquillo, e nuvoloni carichi di pioggia, e un vento gelido e onde capaci di rovesciare qualunque barca. Fatti trovare ben preparato, ragazzo, che la tempesta non concede una seconda partita".

martedì 24 novembre 2015

GiocaTorino 2015 : spero che tu sia venuto per giocare

Di ritorno dal G come Giocare di Milano, evento per famiglie e vero walhalla psichidelico per bambini 4-12 anni, vado rifarmi la bocca da gamer al GIOCATORINO al 8 Gallery.

Struttura in seno del Lingotto, trasformata da segmento Fiat in centro commerciale dello struscio, con negozi brillocchi dello shopping e adolescenti a farsi le fusa, l' 8 Gallery ospita storicamente l'evento ludico torinese, giunto questo weekend alla sua ottava edizione.

Parcheggio la macchina nel seminterrato, raccolgo dal bagagliaio la borsa ikea con i giochi da scambiare, ed entro a colletto alto perchè tira un ventaccio.
Mi accolgono i profumi delle boutique e delle ragazze tirate il sabato pomeriggio, i faretti dei negozi di cristallo e i display degli smartphone portati al guinzaglio.

Lo struscio del centro commerciale fiancheggia i tavoli, con i meeple-boys del GT che cercano di dragare il traffico, come una rete messa di traverso alla corrente. C'è un po' di comprensibile diffidenza fra i passanti, che si schermiscono preventivi: "No, grazie, ho già Telecom 20mega e non cambio".
Circa 700 i posti a sedere per giocare, 40 i dimostratori a snocciolare regolamenti uno dopo l'altro, oltre 300 i titoli messi a disposizione per chiunque abbia voglia di fidarsi a giocare una partita senza obbligo di acquisto nè cambio di gestore. I ragazzi del Giocatorino ce la mettono proprio tutta: mangiano panini in piedi e ballano sulle punte per tenersi la pipì, pur di continuare a spiegare giochi ai curiosi.
E' il festival del volontariato ludico, della mano sul cuore, manca proprio solo la famosa fettina di culo.

Alla mia terza volta al Giocatorino, per la terza volta non riesco a centrare l'evento come si dovrebbe, e a rosicchiarmene solo un pomeriggio.
Finite le strette di mano fra vecchie canaglie, si organizza un tavolo zingaro con Walter Obert, Tuxx di Monster in a Box, e Francesco Testini, che ci mancano solo Fidel, Paco Pena e Ivana Spagna, per far la compagnia briscola.
Si va in scena con ELFENLAND, gioco per 2-6 giocatori della durata di una 60ina di minuti.
Si tratta della ristampa di un classico di Alan Moon, l'autore di Ticket to Ride, che nel 1998 ha vinto lo Spiel des Jahres, nella nuova edizione rimasterizzata dalla Giochi Uniti con core ed espansioni.
Walter Obert naturalmente lo conosce già, ci ha giocato una partita nel '99 alla sagra del bagnun di Segno e pioveva a dirotto (quando ti siedi al tavolo con Walter, facile che lui cominci a raccontarti di quella volta che con Bruno Cathala hanno giocato a Stone Age dopo una ciaspolata a -20° sul Monviso, o di quando con lui e Faidutti hanno improvvisato un gigantesco Lupus in Tabula con i passeggeri del terzo e del quarto vagone del treno per Borgio Verezzi: Walter è una miniera di aneddoti ludici).
Nonostante le illustrazioni fantasy e l'elfa cavalcadraghi sulla scatola che sembra promettere rollate infinite di dadi sulle note dell'inno nazionale americano, Elfenland si rivela un german nudo e crudo.
Scopo del gioco: visitare le molte città del regno sparse per la mappa collegate da sentieri di diversa natura (deserto, pianura, bosco, montagna, fiume, lago) per raccogliere i cubetti città del proprio colore.
I terreni possono essere attraversati solo da specifici mezzi di trasporto (carretti troll, draghi, zattere, maiali giganti...), al costo di 1 o 2 carte.
A inizio partita vengono draftate le Tessere Territorio e refillate le carte Trasporto. I giocatori dovranno crearsi, sulla base di quello che hanno in mano e di quanto draftato in chiaro dai propri avversari, dei percorsi di raccolta cercando di ottimizzare il più possibile i passaggi, e guastando i piani altrui.

Cerco subito di individuare il nemico più pericoloso al tavolo. Walter è pagato come favorito, dopo la Obertata a The Golden Ages della scorsa estate, ma anche Tuxx, con quel suo basso profilo dell' uomo dell'Allegro Chirurgo, mi puzza di truffatore e venditore di fontane di Trevi. L'anello debole sembrerebbe Francesco Testini, con il quale mi sono già seduto al tavolo un paio di serate, ma che non sono ancora riuscito a inquadrare.
"Inizia tu, Dado" mi sorride proprio Cesco, con gli occhi teneri di un Bambi.
Walter, naso della vecchia scuola, scuote la testa: Non ti fidare
Si comincia.
Drafto abbastanza bene e prendo il lato nord-est della mappa, seguito a distanza dal lemme Cesco, mentre Walter e Tuxx si spartiscono l'occidente e il passaggio del Gottardo. Il primo turno fila in sostanziale parità di cubetti. Poi nel secondo Bambi cava fuori gli artigli e comincia a costruirmi in mezzo ai piedi, costringendomi a cambiare strada per non sprecare l'intero turno. Riesce a congiungersi anche con un pezzo di strada di Walter, e in un turno va in vantaggio +4 cubetti su  tutti gli altri. Dal terzo inseguiamo il cerbiatto d'acciaio, scoprendo anche che la mappa è più impervia del previsto.
Qualcosa rimonto, in qualche modo, ma Cesco è sempre sul pezzo, cala sempre il trasporto perfetto.
La partita finisce 60 minuti dopo, come promesso sulla scatola. Vince Francesco +2, seguito dal sottoscritto, terzo Walter e quarto Tuxx.
Un gioco che non dimostra gli anni che ha, veloce da spiegare, indipendente dalla lingua, giocabile sia come introduttivo (livello di difficoltà: ticket to ride) che a farsi male fra gamers maligni.
Da riprovare sicuramente.
RADIO WEB
Nel pomeriggio mi ritrovo insieme a TeOoh delle Recensioni Minute, ai microfoni della radio web ImprontaDigitale, per una piacevole chiacchierata in doppia.
Nella mezzoretta on air io e TeOoh riveliamo finalmente quanti soldi prendiamo fra blog e vlog, quanto ci pagano per fare quello che facciamo (io prendo il doppio di quanto prendevo lo scorso anno, TeOoh ha addirittura triplicato).
Podcast.

THE BLOODY INN

I Giullari mi tengono un posto al caldo al loro tavolo. Passiamo i giochi da una borsa all'altra, mi consegnano Amerigo (che si sono scarrozzati sul camper da Essen a Torino per farmelo avere a 30€) e un Emporio rosso sostitutivo per Terra Mystica (che avevo perso).
Al tavolo con noi anche RedSkin, goblin veterano dalla cotenna german, e Viking, in leggero ritardo ma anche lui attrezzato con la sua borsa di titoli da scambiare (nota: si è finalmente preso Broodwar, quindi so già cosa giocheremo a Natale).
Al ballottaggio sul cosa giocare, puntiamo su Zena, che dovrebbe scalare a 5, ma non troviamo un cristiano che ce lo possa spiegare (i dimostratori sono presi d'assalto dai giocatori, pure la riccia alle nostre spalle sulla quale un po' confidavo).
Il GiullareBarbuto ci apparecchia THE BLOODY INN, che però scala solo a 4: "Io intanto mi studio Zena"
Gioco di carte per 2-4 sociopatici della famiglia di Norman Bates, d'ambientazione: una tranquilla locanda di paura. Scopo del gioco: guadagnare più soldi degli altri depredando e poi sotterrando vivi sotto un metro di terra, gli ignari clienti della locanda.
A inizio turno le vittime inconsapevoli vengono fatte accomodare nelle stanze e poi i giocatori iniziano l'allegra tonnara depredando, uccidendo e seppellendo tutto ciò che respira (okay, la sto facendo più macabra di quello che è).
Le azioni possibili sono: corrompere, uccidere, costruire un edificio e seppellire il cadavere (sotto l'edificio).
La meccanica, tutta di carte, è piuttosto intuitiva: per uccidere un ospite di livello 3 occorre "scartare" 3 carte, ma se fra le scartate c'è l'assassino, quella carta torna in mano. Idem le altre azioni, il concetto è sempre: se fra le carte scartate ce n'è una della stessa classe dell'azione che si andrà a compiere (corrompere, uccidere, costruire un edificio, seppellire un cadavere), quella carta tornerà in mano.
Visto che l'unica a conoscerlo è la Giullaressa, provo a seguire la sua partita. Corrompo e uccido tale quale a lei, anche se la copia, non riesce mai come l'originale.
Il Vikingo gioca bene: inganna, uccide e seppellisce come un figliol prodigo della famiglia Manson, mentre io e RedSkin ci mostriamo serial killer da disney channel, che non riuscirebbero neanche ad affogare un gattino nel latte.
Terminiamo la partita velocemente, per non lasciar troppo fuori il Barbuto.
Gioco con bellissime illustrazioni e con tema molto originale. Da riprovare.
POKER DI SCARAFAGGI
Si è fatta una certa e non c'è più tempo per Zena, quindi ci facciamo un paio di giri a Swish (sempre nel mio zaino) e a Poker di Scarafaggi, gioco semplicissimo di bluff e menzogne, scoperto lo scorso Weegl e comprato 24 ore prima a G come Giocare.
Il mazzo è composto da 64 carte insetto, suddivise 8 per tipo fra ragno, mosca, scorpione, rana, cimice, topo, scarafaggio e pipistrello.
Una volta mescolate e distribuite, il giocatore di turno ne offre una coperta dichiarando uno degli insetti. Il giocatore che riceve la carta può o azzardare il vero \ falso, oppure guardarla e ripassarla, confermando o smentendo l'animale.
Chi sbaglia, gira la carta di fronte a sè.
Perde il primo giocatore che colleziona un poker di 4 insetti uguali.
Giochino super semplice (replicabile anche con un mazzo di carte napoletane) ma molto divertente giocato fra amici balordi. Le illustrazioni scara-scara-faggiose mi hanno fatto venir voglia di comprarmi anche le altre scatoline della serie della blatta.

Si è fatta l'ora.

Prima di andarmene mi avvicino a Tapu, giocatore piuttosto conosciuto nel settore, colonna portante del GT nonchè uno dei burattinai che tirano i fili dell'evento.
Io: "Allora, che ne dici, Tapu, un po' un flop l'edizione di quest'anno, eh?!".
(non è vero, naturalmente, ma cerco di provocarlo)
"Flop, Dado? Secondo i miei numeri" mi mostra il cellulare "Guarda: siamo in linea con gli anni scorsi, anzi, abbiamo addirittura aumentato il numero dei...."
"Dicono che a 'sto giro l'avete fatta fuori dal vaso" insisto "Un tuo collega del Giocatorino - e non c'è bisogno che ti dica chi - mi ha detto che la vostra macchina organizzativa è un colabrodo"
"Mhmhmhm secondo i miei dati abbiamo tutti i tavoli coperti dai dimostratori, anzi copriamo le richieste con largo scarto di..."
Niente. Non raccoglie le provocazioni, non reagisce al sospetto di delatori nel gruppo, non si incazza: è come prendere a pugni un prosciutto.
Non c'è gusto ad attaccare chi non se la prende.

giovedì 19 novembre 2015

Io vado dove devo andare

La sera dell'attacco a Parigi, ho a cena da me ErProsciuttaro e Melonia. Arrivano diretti da lavoro, tardando qualche minuto per via di un incidente in tangenziale che li costringe a uscire e a farsi la città. Prendiamo le pizze e dopo cena apriamo il regalo che hanno portato per mia figlia: un libro di Geronimo Stilton e uno di Richard Scarry. Di solito il venerdì sera tiriamo un po', mezzanotte almeno, ma quella sera ErProsciuttato non sta bene, così se ne vanno alle 22.30, dopo appena un giro a Loony Quest e qualche accoppiata a Swish.
Il piano era Istanbul + Espa e La Isla a concludere, ma finisce tutto molto prima.
"Scusa, Andre, sto di merda" mi dice ErPro sul pianerottolo, bianco in volto.
Vado a letto senza accorgermi di nulla.

Il mattino dopo la prima a svegliarsi è mia figlia, eccitata per il compleanno e per la festa con i nonni.
Facciamo colazione con due episodi di Ultimate Spideman (il mio tentativo di distoglierla dalle Winx).
Mi vesto, prendo la lista della spesa (prima tappa: macellaio a ritirare le rolate) e lascio Francy a passare l'aspirapolvere.
Esco. E finalmente in macchina accendo la radio sul mondo.

Parcheggio davanti al macellaio ma mi infilo nel bar lì accanto. Il bar è un tugurio di bar, di quelli con i tavolini segnati da strati di macchie di caffè oramai indelebili, con il portabrioches sorvegliato a vista da due mosche anziane che oramai anche i clienti chiamano per nome. Parigi mi arriva attraverso un vecchio televisore 15 pollici. Prendo caffè e cornetto, e raccolgo La Stampa appoggiata sul frigo dei gelati.
E leggo degli attentati. Per circa 60 minuti.

Ricordo chiaramente dove mi trovavo quando c'è stato l'attacco alle Torri Gemelle. Tutte le persone che conosco ricordano esattamente quel giorno e cosa stavano facendo in quel momento.
Ricordo il ritorno a casa da lavoro, col pulmino aziendale che prendevo in quel periodo, con la guerra che ci arrivava gracchiante attraverso un'autoradio con la manopola.
Fra 20 anni mi ricorderò dell'attacco a Parigi, e di come l'ho scoperto solo il giorno dopo, in un bar squallido e pieno di mosche, mentre un vecchio cominciava la sua giornata con un bicchiere di vino bianco.

A pranzo vengono i nonni. Io preparo le rolate di tacchino e le patate al forno, qualche antipasto facile, mia madre porta la pasta al forno, due teglie perchè siamo in 6, e il Monte Bianco della pasticceria Capitano Rosso. Stappo una birra Samuel Smith, un'ipa presa la scorsa settimana da Bir&Flut, e naturalmente è eccezionale.
Festeggiamo i 7 anni di mia figlia.
Al pomeriggio telefono ad Andrea Chiarvesio. Ci siamo visti di recente al Giocatorino: mi ha venduto un gioco usato e poi abbiamo provato il suo Signorie ancora caldo di rotative.
"Puoi prestarmi la tua copia di Signorie" gli chiedo "che lo provo anche con Vik e Red? Nei negozi non si trova ancora"
Ci diamo appuntamento cinque ore dopo davanti al Jolly Joker.
Arrivo puntuale, lui invece è in ritardo. Friggo un po' perchè ho pagato solo quaranta minuti di parcheggio, quindi gli faccio uno squillo. Mi risponde che arriverà a momenti: "Non vorrei accampare scuse, Dado, ma sono appena tornato da Parigi".
Finalmente arriva. Un po' frastornato. Era a Parigi, la sera prima, proprio durante l'attacco, per lavoro.
Ci prendiamo un caffè.
Chiacchieriamo, cerco di farlo ridere parlando di cavolate, ma lui non sorride, non come fa di solito.
"Te lo restituisco in settimana" gli prometto.
"Sì, sì, va bene"
Ma è altrove.
SIGNORIE
E arriva finalmente in stampa, il bruciacervelli firmato Chiarvesio & Zizzi provato quand'era ancora prototipo, e rivisto nella sua versione definitiva a settembre, edito da quella fucina di giochi per only hard gamers V.M.18 vieni da video tabù che è la What'sYourGame?
Alcune limature sul bilanciamento, rispetto all'ultima versione, una nuova stretta alla maniglia dell'ossigeno, non che prima fosse lenta, e una sensazione generale di miglior ergonomia, per un titolo che si candida fra i migliori della coppia del gianduiotto&bagnacauda. Più tradizionale, se vogliamo, di Hyperborea, più selettivo e meno user friendly del bag building con miniature, un fornetto a microonde a presa schuko in cui infilare la testa e fondersi fra i 90 e 120 minuti.
Nota: rimane un mistero perchè sia di così difficile reperibilità, nonostante i freschi Essen e Lucca.

Le modifiche più significative rispetto quanto visto in precedenza:
- riviste le azioni delle figlie femmine, sia geograficamente sul tabellone, che nelle meccaniche, che ora entrano maggiormente in partita in maniera complementare alle carriere politiche dei maschi. Se nelle versioni precedenti si poteva figliare 70% e 30% al grido di "E figli maschi!", qui siamo attorno al 50% e 50%.
- perfezionata la collezione delle tessere Casata delle Città, in stile insalata di punti finale, agevolata dalla possibilità di chiudere i set con le tessere jolly. Il completamento del proprio set (e l'impedire agli avversari di fare altrettanto) spinge maggiormente i giocatori sulla velocità e sul tracciato del primo giocatore, anche a discapito di qualche piccola rinuncia. Interazione piuttosto alta e spietata.
- maggior peso sulla soglia del 13, con Tessere Ricompense così vantaggiose che a volte conviene mettersi l'anima in pace e rinunciare a un dado (oppure impiegarlo per sbragarla +3\+6\+9 nell'Area Incarichi)
Il gioco è indipendente dalla lingua, eccezion fatta per il manuale, che nella scatola manca dell'ita (-1 punto) scaricabile per il rotto della cuffia dalla Tana.
Per quanto riguarda la pelle che avvolge il tutto, il gioco esce con illustrazioni davvero ben curate e componentistica perfetta sia nel legno che nel cartone, senza sbavature e con colori ben distinti l'uno dall'altro (nota: ho deciso di cominciare a segnalarlo, quando succede, visto che capitano anche delle scatole con scelte cromatiche parecchio infelici, come medesimi token nelle tinte beige, grigio chiaro, rosa pelle d'angelo e giallino maionese, che nelle tarde ore della notte non si distinguono l'uno dall'altro, con conseguenti commenti coloriti che coinvolgono l'editore, sua madre e una grossa e nodosa carota).
In sintesi: un buon livello di interazione, gestione dei dadi che ricorda Troyes (si attinge tutti dallo stesso pool), a informazione completa, alea presente (nel refill delle tessere Casata) ma non incisiva, un gioco che si affina con le giocate (io in tre partite ho scalato 99 - 120 - 164 punti).
Un bel tritameningi, quindi, davvero piacevolissimo e ben realizzato.
Sicuramente mio appena diventa reperibile (nel frattempo hanno già avvistato lo yeti e un unicorno).

Io vado dove devo andare

Arrivo alle 23.00 e me ne vado dopo due ore di Signorie.
Per strada Torino sembra una Silent Hill caduta in disgrazia, fra nebbia e barcollanti senza futuro. Gli zombie di qui di solito si fanno i fatti loro, fiaccati dalle Moretti da 66cl e dai centri scommesse che li hanno traditi, ma è meglio non rischiare.
Tanta polizia preventiva, a Torino in questi giorni, tipo Olimpiadi Invernali del 2006: non mi fermano ai controlli solo perchè la macchina è nuova, nonostante questa barba mi remi contro.
Gli attentati di Parigi riecheggiano attraverso i telegiornali.

Trovare un finale è molto difficile.
L'unico che mi viene in mente è che certe cose non le puoi ignorare, non puoi non parlarne. Forse dovresti, perchè questo non è il luogo, e le chiacchiere sono sempre a buon mercato, ma certi eventi fanno così parte della tua vita, e ne faranno parte per gli anni a venire, che non puoi lasciarla cadere così, come una nota a margine: "Sì, abbiamo giocato a un tedesco e bevuto una birretta. Ah: e lì accanto c'era una guerra".
Quindi io la racconto tutta, contorno e sangue compreso, come ho sempre fatto.

domenica 15 novembre 2015

Una grande lavatrice. Ma cieca.

Lo strizzacervelli passa da me a prendersi il chiodo, per il concerto dei Motley Crue ad Assago.
Ci beviamo una Vecchia.
"Domani sera che fai?" mi chiede
"Una rimpatriata"

La napoletana mi arriva al tavolo portata da una rumena. L'avevo chiesta senza capperi e invece ne è tempestata: gli inconvenienti dello spostare i call centre all'estero. Li discrimino con la punta della forchetta in un angolo del piatto. In compenso la birra mi arriva giusta: sul menù le opzioni erano BIONDA o ROSSA, e loro, professionisti del coupon, non sbagliano.
StaiManzo, al mio fianco, mi chiede se ho Sky on demand o Mediaset Premium, quale delle due. Gli rispondo nessuna delle due. Sospira: "Beato te, ci risparmi in soldi e in fegato". Poi improvvisamente si ricorda che sono un informatico e gli si illuminano gli occhi: "Ah, già che tu la Champions te la vedrai in streaming su quei siti che conoscete solo voi", come se noi informatici fossimo tutti un clan tipo i Tagliapietre.
Non dovevo prendere la napoletana, da quando ho la gatta non riesco più a mangiare le olive nere, e soprattutto dovevo schivare questa serata, che aveva gigarotturadipalle scritto in bold sull'invito.
StaiGrasso, seduto di fronte, camicia a fantasia tovaglia da trattoria e capelli in agguato, mi chiede se sono sposato. Gli rispondo di sì. Replica "Grande!" , e mi apre il portafogli all'altezza di una foto a Bardonecchia con moglie e figli accucciati su un bob rosso.
StaiFuori parla male della moglie dalla quale si è separato, e della donna che ha avuto dopo, e di un'altra conosciuta in palestra, e di tutte le altre (troie)
La serata si trascina e non decolla mai, un tavolo di conoscenti che non erano amici allora e non lo sono adesso.

Alle rispettive macchine proviamo a darci un futuro.
"Oh, ma organizziamola di nuovo!"
"Sì, ma senza aspettare altri 20 anni, eh!?"
"Prima di natale!"
"Potremmo anche farci una domenica pomeriggio con le famiglie in montagna"
"Si, con le famiglie! Grigliatona! Oppure anche agriturismo. Conosco un posto che un'ora massimo e siamo su, e c'è un mucchio di prato per i bambini."
Ma nessuno ci crede, tutti pronti a riverniciare lo steccato del passato, a dare una mano di bianco sui panni sporchi appesi ai fili. Il problema dei panni sporchi è che tutti ci ripetiamo che vanno lavati in famiglia, ma poi a casa nessuno si lava i propri, attenti come siamo alle macchie degli altri, mentre la nostra biancheria quella no: è ancora buona, ancora un giorno o due: per il nostro bucato non c'è fretta. E allora è meglio la vernice, coprente, idrorepellente alle lacrime, doppia mano.
Ci vorrebbe una lavatrice gigante che lavasse i panni sporchi di tutti, tutti nello stesso cestello, dalla macchiolina alla crosta, e che fosse cieca, per non giudicare.

Infilzo la chiave nella porta di casa, e la sensazione è di pugnalare il sonno e i miei cabasisi con un ferro da maglia arroventato. Rientro a una mezzanotte che mi sembrano le 04.00, con una sete in bocca da acciughe e pizza a bordo alto, che stanotte mi alzerò almeno tre volte a pisciare.
Francy e la piccola dormono. La gatta dal divano mi miagola che l'ho svegliata e che mi costerà almeno 5 minuti di grattini.
Mi accendo la tele e scorro la lista degli horror.
Butto il resto della serata su Dal Tramonto all'Alba 2.
E "butto" non è una parola scritta a caso.

Ci va un ottima serata per dimenticarne una pessima, un po' come a scuola, che ci voleva un 7 per recuperare un 5, e un 8 per un 4, e la rimpatriata è stata indubbiamente da 4.
Passo a prendere RedBairon che son le nove e qualcosa, e mezzora dopo siamo dal vichingo.

Concordia
Mac Gerdts per 2-5 giocatori, momentaneamente a corto di rotella, sostituita elegantemente con carte azione, in un deck building che del deck building prende solo il meglio ossia l'idea, geniale, senza quella robaccia del mescola-mescola ravana-ravana a mo'di procione che in alcuni titoli occupa il 50% del turno. 90-120 minuti la durata, con un quarto d'ora di spiegazione delle regole, Concordia è un gioco di piazzamento e gestione risorse, un tedesco con pochissima alea e un'eleganza tipo Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany.
Ogni giocatore parte con un set di carte base del proprio colore, una plancia magazzino di risorse (mattoni, cibo, utensili, vino, seta) i propri coloni di terra e di mare, e delle monete.
Ci si muove su un tabellone centrale a doppia faccia, raffigurante l'Italia o il mediterraneo, a seconda del numero di giocatori.
Le carte permettono azioni di espansione sulla mappa, raccolta e conversione risorse sulle provincie, acquisto di nuove carte, cambio monete, attivazione di provincie, utilizzo delle carte "scarti" degli altri giocatori e refill di carte dalla pila degli scarti.
Un'interazione garbata fra gentiluomini, con sgarbi leciti su carte e risorse sottratte (mai sottratte del tutto, comunque), pochi tempi davvero morti e una buona profondità.
Il tutto, come detto, con effetto Audrey Hepburn con cappuccino.

Il gioco è parzialmente dipendente dalla lingua, nel dettaglio: le carte riportano il testo dell'azione.
Nota: preferisco specificarlo che è un gioco seppur minimamente dipendente dalla lingua perchè ultimamente ho notato che i "praticamente indipendente dalla lingua" vengono distribuiti con una certa leggerezza sul web. L'aver assimilato un certo livello di inglese e una certa terminologia specifica che ricorre nei giochi da tavolo, NON rende comunque un gioco con del testo scritto un gioco indipendente dalla lingua, come pasteggiare a whisky non rende una birra da 4 gradi "praticamente analcolica".
Caylus è un gioco indipendente dalla lingua, quindi a parte il manuale non troverete una sola riga di testo su tabellone e tessere varie.
Concordia è un gioco minimamente dipendente dalla lingua, perchè sulle (poche) carte azione è comunque riportato un breve testo, ad esempio in inglese la Carta Prefetto: "Turn over one active province title to take the production bonus, and then the province produces \ or reactive all province titles to take coins as a cash bonus".
Dead of Winter NON è un gioco indipendente dalla lingua.
Quindi se avete dubbi, scegliete la versione italiana del gioco, visto che è disponibile.

La lavatrice perfetta
1-Pretrattare le macchie 
Se appena si calassero i pantaloni, i tre nella cucina del Vichingo potrebbero lucidare il pavimento con i testicoli senza il bisogno di chinarsi, grazie alla settimana particolarmente tignosa. Ma non lo fanno. Professionisti del gioco da tavolo più che del pulito. Le macchie di stanchezza si trattano con un caffè, torrefazzato dal vichingo casalingo disperato, e arricchito con una grappa di nebbiolo ad altissima resa che ha l'effetto del NOx, sui nostri motori quarantenni.
Esco la bottiglia dal trasportino per champagne: una minuscola sacca in silicone con gemme congelate che abbracciano il vetro, e la bottiglia è di quelle serie, di quelle rare donne che quando ti baciano ti mordono il labbro: XTRA IPA del birrificio della Granda. Sbadabam! 

Red porta alla bocca e alza il bicchiere: "Signora birra, Dado! ".
Segue un girello di morbidi babà sotto spirito, e patatine dorate e salatissime ammazza fegato.

2-lavaggio
Dito fortunato a Chwazi App , apro le danze nel mediterraneo costruendo in sicilia un appartamento che diventerà poi una multiproprietà all'arrivo di Red.
Redbaco punto al controllo della seta, al fine di diventare l'imperatore della Cina, mentre Viking si allarga nella parte alta della mappa, conquistando regioni a manciate.
Punto a togliermi i coloni dal magazzino e a mandarli a lavurà, a prendere il monopolio delle risorse minori, la cosiddetta strategia del topo del tubo di scarico.
3-scarico e centrifuga
Mercato spaccato fra il principe e il povero, fra l'ambizioso Red, che punta al controllo mondiale della seta e della crema della società, e il dado venuto dalla strada, il presidente operaio tutto cibo e mattoni. Viking, cerchiobottista e arraffa tutto, non delinea una strategia precisa, e uomo del ghetto fa dell'opportunismo il suo credo.
Le città cadono, sotto le nostre azioni di bravi ragazzi tirati su a bistecche di bisonte. Ci prendiamo l'intero mondo, ci si allarga sul tabellone a macchia di elefante, perchè il leopardo non è grande abbastanza.
La partita dura 88 minuti (l'app timer sul cellulare di Viking rivela 20 + 24 + 44), un tempo record per i nostri standard.
Elegantissimo, alea prossima allo zero, poche regole lubrificate con olio extravergine d'oliva, un orologio atomico di perfezione, questo Concordia.
Difetti? Sono dovuto andare a cercarli sugli altri blog, perchè a me non sono saltati agli occhi, comunque l'unico peccato veniale degno di nota è l'impossibilità di calcolare i punti prima del termine, con l'incognita di non sapere chi sta vincendo durante la partita.
Per quanto ci riguarda, solo applausi e consensi da me, Red e Vik.

Il catering lo organizza Audrey, e si rivela la serata da 8 che countera quella trista da 4, con un gioco di quelli che ti fanno venir voglia di telefonare a casa dell'autore e ringraziarlo per le belle ore.
Velluto, ragazzi, una serata di puro velluto e gelsomino.

Piegatura

Sarebbe abbastanza in una serata perfetta che hai paura possa rovinarla anche solo un respiro in più. Ma è solo l'una e noi non si va a letto così presto, noi si cerca la bravata che ci darà diritto a una telefonata gratis. Così nel ballottaggio per il filler di fine serata la spunta Viking, che è un anno che ripete che vuol farci provare 'sto Barbarossa.
Una sorta di Dixit con la plastilina: ogni giocatore crea 2 figure e gli altri devono indovinare cosa rappresentano (con un D6 e un tabellone abbastanza inutili in mezzo). Alla stessa maniera di Dixit le figure non devono essere nè troppo facili (le prime a venir indovinate non danno punti) nè troppo difficili (idem).
Sforate le 02.30 vengono rivelati:
Dado: ocarina - cioccolata
Redbairon: razzo - moto
Viking: marmitta - ???????????
Nè io nè Red riusciamo a indovinare la seconda creazione di Viking, così ci arrendiamo e Vik svela l'arcano..................................................
............................ ma voglio darvi un'onesta possibilità, miei cari gamers visionari, voglio aggiungere una sedia al nostro tavolo e lasciarvi provare, nei commenti di questo post.
Al masticatore di peyote con pensiero laterale distorto che l'azzeccherà, andrà in premio.... un bel niente di concreto, solo la soddisfazione di aver battuto me e Red (e aver risolto quel dedalo di Viking).

sabato 14 novembre 2015

IDDQD - Giochi da tavolo introduttivi e come introdurli

Premessa: queste poche righe, impresse sulla tastiera con un certo fastidio, vi accorgerete, nascono su facebook qualche giorno fa, in seguito al mio incappare in una discussione sui requisiti che un gioco da tavolo introduttivo dovrebbe avere.
Mi son fatto prendere un po' la mano col commento, ed è venuto fuori grossomodo tutto quello che penso sui giochi introduttivi (e come introdurre qualcuno a giochi da tavolo).

Lo riporto qui nudo e crudo.

Sembra che l’unica discriminante, quando si parla di giochi da tavolo introduttivi, sia la semplicità.
Il gioco deve essere semplice, immediato e completamente padroneggiabile entro i primi 3 minuti, altrimenti il nuovo giocatore da introdurre si aliena.
Di più: il gioco non deve richiedere il minimo sforzo, il babbano non deve soffrire il minimo stress di regole, tempo, meccaniche.
Una bambagia preventiva, un god mode iperprotettivo, per cercare di far colpo.
Non sono d’accordo. Soprattutto non sono d’accordo che la semplicità bovina sia il vero fattore discriminante.

Il mio pensiero riguardo ai giochi introduttivi e a come introdurre

-no ai party games \ dexterity games. I party game sono divertenti ma il gioco introduttivo deve lasciare qualcosa, uno strascico buono, il nuovo giocatore deve tornarsene a casa pensando “Certo che se avessi fatto questo invece di quell’altro…”.
-no a variazioni sul tema monopoly – risiko: benchè super classici l’obiettivo è far provare al giocatore qualcosa di nuovo
-no ai giochi che si giocano da soli: il nuovo giocatore deve percepire CHIARAMENTE l’influenza delle proprie scelte in partita
-no ai giochi di dado come introduttivi:  L'oggetto "dado"
(identificato comunemente come un generatore di numeri casuali) trasmette sempre una sensazione di poco controllo e "sfiga o fortuna" ai novizi. Il giocatore deve sentirsi attore in partita, e deve sentirsi padrone delle proprie azioni.
-no ai giochi con testo in inglese come introduttivi: il nuovo giocatore deve potersi concentrare sul gioco. La traduzione è un passaggio in più per il cervello, inutile in questa fase introduttiva
-no ai giochi solo da 2. Non in questa fase. Il gioco solo da 2 è poco fertile ed è più difficile da tirare fuori nelle serate: che il gioco possa scalare 2-4 giocatori.


Il gioco introduttivo scelto deve:
-avere un numero ristretto di regole. Non è necessario che siano proprio solo 2 , ma neanche 158
-avere delle meccaniche solide e funzionali (maggioranze, gestione risorse, aste, …)
-deve richiedere un po’ di sforzo. Eh, già. Dovrà imparare qualche regola e fare qualche scelta in partita, non c’è verso. Il mondo è malvagio.
-avere una durata fra i 20 e i 40 minuti.
-avere un prezzo accessibile. Se il gioco fa breccia, al nuovo giocatore potrebbe venir voglia di comprarselo il mattino successivo. Starei sui 30-35€ come prezzo massimo.
-essere un bel gioco e deve piacere prima di tutto a voi che andrete a spiegarlo. Se l’introduttivo perfetto di cui parlano tutti a voi fa cacare a spruzzo: lasciate perdere e trovatevi il VOSTRO introduttivo.

Il giocatore che spiega il gioco deve:
-conoscere molto bene il gioco. Se vi capita di riprendere in mano il manuale 3-4 volte mentre introducete il gioco: o dovevate ripassarlo meglio prima o avete cannato gioco
-saperlo spiegare in pochi minuti: fra i 5 e i 15 minuti. Condensate e accelerate la spiegazione per entrare in partita: si imparano più velocemente le regole in 3 giri di tavolo, che in 30 minuti di dotte spiegazioni
-rassegnarsi al fatto che non potrà trasformare tutti i suoi amici in giocatori. Prendetene coscienza. A me non piacciono i musical, a voi non frega nulla dello zumba e a qualcun altro non frega un beneamato razzo dei giochi da tavolo, e non gliene fregherà MAI nulla.

C’è una sostanziale differenza, a livello di impegno profuso e predisposizione, se siete voi a cercare di “tirar dentro” un amico, o è invece l’ amico di turno a bussarvi alla porta chiedendovi di fargli provare qualcosa.
Se siete voi a proporre potete usare:
-8 minuti per un impero
-L’isola proibita
-Finca
-Costruttori del Medioevo

Se è l’amico a bussare potete proporre:
-7 Wonders
-La Isla
-Santiago de Cuba

Nota1: questa lista di titoli è mia, puramente indicativa e soggetta a variazioni a seconda chi ho davanti: conoscere la persona vi aiuterà a trovare il gioco più adatto.
Nota2: non ho nominato i classici Carcassonne et similia, che funzionano comunque bene.
Nota3: vi consiglio un vecchio video di TeOoh di qualche anno fa -> https://www.youtube.com/watch?v=T_oowqRAYxk. Troverete molti punti in comune.
Nota4: quando presentate un gioco ditele sempre due parole introduttive sull'ambientazione: non iniziate la spiegazione di un gioco con "Per vincere bisogna".

domenica 8 novembre 2015

Chi passa per un caffè

Gli chiedo se mi presta gli occhi della moglie.
Ride.
"Per il blog?"
"Quei cristalli grossi come mele mi fanno impazzire il contatore delle visualizzazioni".

Passano dopo cena da noi per un caffè, il Gigante, sempre più simile a una mantide irradiata con raggi gamma in un laboratorio del governo americano, e Occhi di Cristallo, con la cristalleria swarovski sottolineata da una riga di matita nera, e maglietta pronta alla sbottonata per servire la colazione al pupo.
In altri anni, e senza il delta di 10 che ci separa, io e lui avremmo condiviso la sua Playstation fino al mattino successivo, avremmo bevuto Vecchia Romagna in bicchieri panciuti da whisky, e ci saremmo addormentati sul suo divano fra le quattro e le cinque nel bel mezzo di una maratona di divx asian horror sottotitolati in ita (malamente sottotitolati).
Oggi, io una bimba di quasi 7, lui un pupo che non si è ancora fatto il primo giro di calendario, ci  concediamo caffè e fette di torta confezionata, e qualche filler in tuta da ginnastica e pantofole, ed è grasso che cola.
Arrivano giusti, in orario figli. Si chiacchiera dell'halloween appena trascorso insieme, e della crema mani mista a colorante alimentare rosso che mi sono spalmato sulla testa per simulare il cervello esposto.
Servo tazzine di nespresso e biscotti con zero alea, perchè i biscotti della fortuna io germanofilo li ho banditi da casa.
"Ci fai provare qualche gioco?" mi chiede lei sbottonandosi la maglietta.
Avrei tutto il diritto di fraintendere, anche col pupo in braccio, a 17 anni avrei frainteso per molto meno, ma l'animo del gamer oramai vince su tutto, persino sugli istinti di maschio alfa, e allora obnubilato rispondo "Certo!" e metto in tavola Swish, NO! e Hamster Backe.

SWISH
Gioco astratto di carte trasparenti, da sovrapporre, previo incastro mentale, per creare lo swish.
E' possibile creare swish sempre più complessi da 2-3-4-5 carte: non ci sono veri e propri limiti, a parte quelli delle proprie meningi. Da quando quell'uomo spregevole di Chris me l'ha fatto provare non sono più riuscito a levarmelo dallo zaino.
(nota: non sto dicendo necessariamente "complotto", dico solo che tutte le volte che ho 20 euro in tasca salta su Chrys a mostrarmi un gioco-droga che devo comprarmi un minuto dopo, e no: non sto sottintendendo che questo è chiaramente un piano di Fabio-Pinco per attaccarmi nel portafogli, minare la mia stabilità economica e costringermi a chiudere il blog).
Tirato fuori in occasione di cene di scuola di mia figlia, feste di compleanno e persino di un battesimo con annessa merenda sinoira, questo spremiagrumi del pensiero laterale ha sempre falciato le volontà dei più diffidenti, e trascinato per i capelli anche i refrattari del bim bum bam. Ho visto papà ciarlieri e ciarlatani chiudersi a riccio in un mutismo di clausura, annunciando "Okay: adesso punto a farne uno da quattro", e mamme fotografarne il manuale per salvarsi il nome del gioco, per comprarselo il giorno successivo su Amazon. Ho anche visto mia figlia di 7 anni scalare gli swish da 2 a 3, fino a realizzarne uno da 4, numero che io sono riuscito a raggiungere solo 2 volte nelle circa 30 partite giocate.
Un assoluto gingillo da avere e da portarsi dietro, un quesito della Susy portatile.

NO!
Fratello di terzo letto di UNO e SOLO, ma frutto dei lombi di genitori diversi (District Games), NO! è un gioco di carte veloce e un simpaticamente stronzo.
Le regole sono poche e immediate: si distribuiscono 15 carte a giocatore, a formare dei mazzetti. Ogni giocatore posiziona un mazzetto di fronte a sè, ne pesca la prima carta e la tiene pronta in mano da giocare (anche minacciosa a mo'di sberla, se vogliamo). Le carte, sotto forma di frecce, indicano il prossimo giocatore di turno, che potrà essere quello immediatamente alla propria destra\sinistra, il giocatore a due cadreghe di distanza, un giocatore a scelta e così via. Avviata la partita si comincia a passarsi il turno l'un l'altro, assottigliando i mazzi, ben sapendo che il primo giocatore che terminerà il proprio, avrà vinto, fra cori gospel di "Ma crepa malamente, va". Le carte in mano sono degli istantanei che possono essere giocati come NO! sulle carte degli avversari, per far cambiar repentinamente direzione al giro. Il gioco inizia sempre tranquillo, e termina in una pioggia di NO! che si counternano l'un l'altro, con istituzionali mandate a quel paese.
Gioco veloce e onesto come una rosetta con la mortazza, che si consuma in pochi minuti e che fa venir foglia di giocarne 3-4 di seguito. Giocabile dappertutto, mi è capitato anche di giocarlo (e di ungerne le carte) in gelateria con amici e figli, e sui tavoli di una birreria.
Da provare assolutamente a squadre, a sedie alterne, per massacrarsi di controgiocate (le carte diventano ancor più flessibili, potendo giocar per far vincere anche i propri soci).

HAMSTER BACKE
Impronunciabile e ribattezzato "Il gioco dei criceti" per le illustrazioni, è un gioco di carte per 3-5 giocatori, di Francesco Berardi, della durata di una mezzoretta, bicchierino di Grappa Poli compreso.
A inizio partita viene posizionato il mazzo al centro del tavolo, e vengono distribuite a raggiera 8 carte. Nel proprio turno è possibile eseguire 2 fra queste 3 azioni: 1-raccogliere una fila (e refillare nella fila presa e nelle due adiacenti) 2-mettere giù le coppie\tris\quartine di criceti dello stesso colore (esempio: 2 criceti blu di valore 2) 3-andare a punti con le carte criceto messe giù in precedenza. Quando si va a punti, si sottraggono carte dalla mano al giocatore che ne ha di più in quel momento, nel numero uguale alle carte girate (se si va a punti con i 3, si prendono 3 carte ad uno degli avversari). C'è inoltre la regola che non si possono metter giù coppie\tris\quartine di un colore attualmente scoperto e in attesa di andare a punti.
Filler ingegnoso del buon Fantavir, che dimostra ancora una volta di saperci fare con i giochi di carte (vedi Tuareg, gioco che meriterebbe un po' più di attenzione).
Anche questo: prezzo abbordabile, dimensione contenuta, giocabile con chiunque.

Il caffè insieme dura un'ora e mezza, contorno compreso.
Il pupo si addormenta spalmato sul padre, mentre io, Francy e Occhi di Cristallo terminiamo il giro ai criceti.
I conti sono tutti al femminile: Francy sbanca a Swish, oramai in produzione fissa di 4 e in progetto 5, Occhi di Cristallo si porta a casa NO! e Hamster Bake con largo scarto di punti, noi uomini sparecchiamo mesti mesti.
Si ritorna.
La gatta si becca due carezze sull'uscio.
"Prossima volta da noi" ci dicono sul pianerottolo.

"Ma è tutto vero?"
Sabato MammaLaura al Jolly Joker mi ha chiesto se è tutto vero, e ho impiegato qualche secondo a capire cosa intendesse. Gli zombie , i manicomi psichiatrici, le astronavi mentali , le scopate in associazione, i rituali della cabala e quelle storie che sembrano frutto della mia immaginazione, sono effettivamente frutto della mia immaginazione e del mio fegato, che per colpa del morbo di Gilbert non controlla la bilirubina nel mio sangue, con controindicazioni di strane ossessioni (perchè anche ciò che è inventato è una distorsione di qualcos'altro). Il resto è reale. I caffè sparati in vena per arrivare al mattino dopo, le partite sino all'alba con Vik e Red, i viaggi interminabili in autostrada (a volte mi sembra di vivere in macchina), il paguro nel terrario, gli scassaportine, le birre che mal si sposano col malandato fegato, i venerdì sera con ErProsciuttaro e Melonia (e le puntuali vittorie di mister spocchia culo-a-tanica, che nella lunga lista dei soprannomi ho anche citato come il cartaro, il signore dei pinoli, mister "sono in call conference", l'uomo che non può rispondere al telefono perchè sta guidando una patata coi piedi, il gentiluomo che a Magic "se non pesco una terra ce l'ho nel culo").
E' tutto vero, e mi stupirei anch'io fosse falso.

mercoledì 4 novembre 2015

Ha vinto Don Rodrigo

Renzo e Lucia si lasciano.
Tramite avvocato, in assenza di un Don Abbondio che possa mediare alla spicciolata la divisione del due camere e cucina.
Ci rimangono un po' di foto insieme, scattate quando le macchine fotografiche erano a 2 megapixel: le mogli col pancione, sedute sul divano, e noi uomini accanto al barbecue.

Non sono in partita, e Vik e Red lo annusano subito tipo bracchi.
"Dado se vuoi facciamo altro"
"No, no, mi piace".
Clash of Cultures. Era in calendario da un po', per dar modo a Redbairon di capire se rivenderlo oppure no. Ultimamente le scatole sembrano bruciargli fra le dita: compra, gioca e rivende nel giro di due settimane, e non c'è modo di fermarlo. Qualcosa gli compriamo io e Vik, ma non riusciamo a tenere il passo: è passato dal demone dell'acquisto compulsivo a quello del venditore compulsivo, e non vuol spiegarci come ha fatto.
"Dado tocca a te"
Non mi capita mai che i soci mi rimbecchino per muovere, di solito sono il più rapido al tavolo (dote che non paga sul segnapunti).
Faccio la mia mossa. A cazzo. Solo per far passare il mio turno. Perchè stasera non sono in partita. Ci sono solo i token gialli a segnare il mio posto, ma la mano che li muove sembra scollegata dall'altra estremità.

Al lavoro sembra abbiano finito lo Svitol e che fra gli ingranaggi abbiano pennellato sabbia per non farli girare. Le 17.00 mi vengono a strappare dalla scrivania che ho la testa piantata sulla tastiera e sulla fronte visibile il segno dell'infamia (qwerty).

Renzo e Lucia si separano. Vince Don Rodrigo, sotto forma di inerzia da matrimonio: tanta fatica per metter fuori i bravi e la peste bubbonica, e invece bastava solo aspettare. Ce lo fa sapere lei fra le lacrime, durante un caffè da loro, mentre i figli giocano inconsapevoli.

Tornati a casa acchiappo Francy e me la porto a letto. "C'è una festa nei miei boxer e tu sei invitata" le dico. Lei ride. E capisce. Perchè Francy sa leggere attraverso i miei difetti e tutte le mie parole sbagliate, mi guarda controluce l'anima meglio d'una radiografia. E soprattutto riesce sempre a intercettarmi in tempo, ad acchiapparmi per i capelli un minuto prima che collassi, che faccia a pezzi gli automobilisti che viaggiano sulla corsia d'emergenza, i fumatori in ascensore, i saltatori di fila professionisti e i furbetti del quartierino, un istante prima che dica loro frasi come "Adesso amico mi devi proprio ingessare il cazzo perchè me l'hai rotto".

Mi corico venti minuti, prima che arrivino i soci. A volte il lavoro sembra riesca a fiutarlo, quando sei a pezzi, quando avresti bisogno di un buono valido per una giornata tranquilla.
A volte piove merda di stravento e l'ombrello che si rivolta non copre: anzi fa da coppa di raccolta.

21.30
Viking e Redbairon spaccano il minuto ma si parte col freno a mano tirato. Clash of Cultures viene apparecchiato sul tavolo con molta approssimazione, spiegato con convinta balbuzie, e decantato come un Tavernello in un bicchiere di carta. Cogliamo però al volo tutte le distrazioni: il caffè e le mele al forno, un video di TeOoh sull'ipad, l'ennesimo pleggiare di Tales of the Arabian Night su Giochistarter, un dibattito in notturna sull'eventualità di portare un secondo monster nel nostro gruppo (candidato: Eclipse).
Sembra che nessuno abbia voglia di giocare davvero, stasera. Io non sono in forma ma neanche i soci scherzano, o forse no, sono proprio io a fiaccare l'intero gruppo, il peso morto che rallenta, che affonda, che tira giù, il gatto appeso ai maroni.
Gioco di civilizzazione per 2- 4 giocatori, 180-360 minuti la durata a seconda della zavorra al tavolo, un po' american un po' europeo, dipendente dalla lingua, con tanta roba buona nella scatola.
Ci si muove su una tradizionale mappa a esagoni, e si comincia la partita equipaggiati scarni con il proprio colono pronto a piantar bandiera, e un sacchetto minimalista di risorse tipo razione k. La mappa è ricoperta dalla fog of war, sotto forma di tessere rivoltate, così che bisogna esplorare almeno i vicini di casa prima di piantar baracca. Cinque i tipi di terreno (deserto, mare, montagna, pianura, foresta), cinque le risorse da raccogliere per costruire (legno, pietra, cibo, oro, idea) e tanti gli edifici da tirar su. Le miniature variano in bellezza dall'essenziale ma efficace al Gormite passato nel microonde.
Ogni civiltà si sviluppa in due direzioni: sul tabellone centrale, attraverso l'effettiva costruzione delle città e degli edifici, e sulle plance giocatore, nelle quali si sviluppano tutti gli upgrade e gli avanzamenti tecnologici. Tolte poche azioni di movimento e controllo della mappa, e le guerre contro gli accampamenti dei barbari e contro gli altri giocatori, è sulle plance giocatore che avviene il grosso della partita. Si tratta di un'efficiente griglia di upgrade suddivisi per tipologie, che si sviluppano in veri e propri "rami" tecnologici. Ludicamente parlando: una bumba, di quelle cose insuperabili come la serie Walking Dead o nascere cetriolo in un carcere femminile.
A fine partita ai punti delle carte obiettivo e meraviglia realizzate, bisognerà aggiungere 1 punto per ogni edificio presente sulla mappa e 1/2 punto per ogni upgrade della plancia giocatore.

Renzo e Lucia si separano, e se non li capisci sei tu quello sbagliato, quello arretrato, non al passo coi tempi, chiuso nei tuoi pregiudizi da dinosauro.
Siamo gli ottimisti cronici della nuova generazione, noi, guasconi patologici, consapevoli quindi indistruttibili. Vediamo occasioni dietro ogni angolo, anche dietro le separazioni vediamo nuove opportunità: si tratta solo di pensiero positivo contro pensiero negativo,  di reagire alle avversità, di giocare tattici al meglio del turno in corso.
E se a te sembra in perdita, giocare 10 turni o 10 anni investendo in un'azione, sviluppando tutti gli upgrade possibili, e poi abbandonare quell'azione, e vedere le azioni piccole un weekend ogni due, beh, sei tu che non sai stare al tavolo, sei tu il babbano fermo al Monopoly.

Clash of Subculture   
Ci sono i dadi a ricordarci un certo livello di imprecisione e di caso, nei nostri piani german. E ci sono gli obiettivi, distribuiti random come gli occhi azzurri: una semplice pigmentazione dell'estensione di 1cm che fa la differenza fra scoparsene una e scoparsene dieci. Niente da fare, stasera tiro fuori un cazzo ogni tre parole, non sono in partita, e i cocci sono miei.
Vik prepara le navi, poi si accorge che non riuscirebbe in tempo a fare il giro della mappa e a svuotarmi in casa i suoi 1000 guerrieri armati di picca, e chiede se (per caso) le navi alla fine danno (per caso) dei punti vittoria.
Red si diffonde sulla mappa come l'influenza a cavallo del natale.
Io ho mal di testa e guardo l'orologio, aspettando la fine.

L'ultima azione all'ultimo turno è la guerra. Su vasta scala. In quanto terzo attacco anch'io, tanto non ho niente da perdere. Red saccheggia 4 punti al Vikingo, io 2 al Vikingo, e alla fine a trionfare è proprio Red, a +1 su Vik e +6 su di me.

Clash of Cultures
Viking: "Mi piace. Mi piace davvero tantissimo"
Redbairon: "Bello. Ma probabilmente Patchistory è più bello".
Dado: "+180 minuti scritti su un coriandolo lasciato su un davanzale, in una giornata di vento"

 
Rosa di Gerico
Me la fa trovare stamattina sulla scrivania dell'ufficio TassoRosso , forse intuendo la settimana storta.
La pianta della resurrezione. Si tratta di un bulbo desertico, secco, apparentemente senza vita.
Tolta dal sacchetto sembra una palla di rami rinsecchiti. Messa in un sottovaso e innaffiata direttamente sulle radici esposte, si schiude, nel giro di un paio d'ore, e torna verde e viva.
Un miracolo.

La guerra è l'ultima azione. Spero che non la facciano, visto che hanno giocato insieme sullo stesso tabellone per 10 turni o per 10 anni.
Spero resistano all'istinto del "E' l'ultimo turno e non ho niente da perdere".
Don Rodrigo ha comunque vinto. Senza spendere risorse. Non starei a farmi doppiare.

La Rosa di Gerico può vivere anche un anno, senza una sola goccia d'acqua, in mezzo al deserto.
Si raggomitola su se stessa per proteggere i semi. E si fa a "pallina" per farsi trasportare dal vento, lontano, in cerca dell'acqua.