domenica 28 febbraio 2016

La solitudine del dado

Scavando nel mio passato risulterà una vera e propria ossessione per il nylon, intimi rituali di bondage delle scatole, con le carte infilate nude nelle bustine e poi a loro volta nelle ziplock, nylon che sfrega sul nylon, token porzionati nel portaminuterie, alcuni elastici costrittivi, dadi delle geishe. Ne parlerà Barbara D'Orso nel suo salotto televisivo macedonia, con un criminologo, una tronista e il Ludologo Andrea Ligabue.
Proviamo a ricostruire gli ultimi momenti di.
Un giorno non ci sarò più, e i miei giochi sopravviveranno, avvolti nella formaldeide Ultra Pro (63x88).
Non bisognerebbe mai sopravvivere ai propri giochi.

Le 02.00 di notte a Torino e sul tavolo del Vichingo i miei space marines stanno facendo salsicce, infilando gli xenomorfi di testa nel tritacarne. Salsicce non commestibili trattandosi di genestealer, solo puro gusto per la norcineria battuta a coltello di Giger. Il railgun copre il rumore della macchinetta del caffè: seconda tazzina per venire incontro alla mia tachicardia.
Ma il Vichingo non arretra, e me ne lancia contro uno, nessuno e centomila, dei suoi xenomorfi che vivono muoiono e rinascono in ogni istante, nuovi e senza ricordi.
I miei space marines vivono finchè uccidono quindi non mi sento di biasimarli.

"E a Space Hulk giocava?" chiederà in un'accavallata di gambe Barbara D'Orso a mia figlia. E lei le racconterà di suo padre e della matrioska di orsi.

"La barba di mio padre era il ciuffo dell'orso che si portava dentro, l'Orso Balù. Cercava sempre di farmi ridere, mio padre. Tutte le sere, dopo cena, andavamo a saltare sul letto. Ci travestivamo, costruivamo capanne e percorsi avventurosi in giro per la casa, lanciavamo palline di stagnola nei bicchieri di carta, facevamo un sacco di giochi. Per tanti anni ho creduto che mio padre fosse proprio l'Orso Balù. Poi un giorno mi sono accorta della cerniera sulla pancia. Aveva un altro orso dentro Balù, un grizzly feroce e con la schiuma alla bocca. Doveva averlo sviluppato da ragazzo, in quello schifo di periferia di case popolari nella quale era cresciuto, o quando avevano diagnosticato la schizofrenia a F., brutta cosa le malattie mentali.
Per un po' c'era stato quell'orso cattivo nella stanza dei bottoni. Non tanto, un po', il tempo di rischiare. Fortunatamente non era mai sceso in città. Si era cibato dell' immondizia dietro le case operaie costruite dalla Fiat, fra via fratelli garrone e via artom.
Poi un giorno era miracolosamente arrivato Balù e il grizzly ci si era infilato dentro, salvandosi per un pelo. Aveva tirato su la cerniera, fin sopra la testa.
E qualche tempo dopo Balù si era tuffato nell'uomo. Una matrioska.
Quella barba che non provava neanche a tagliarsi via dalla faccia, e tutti quei peli che aveva sul petto, sulle gambe, sulle braccia: ecco, erano gli orsi che aveva dentro, che cercavano di uscire".


Quattro punti azione per ogni marines. I corridoi sono stretti, il che da un lato libera la linea di fuoco ma dall'altro posso posizionare i miei mastini solo in fila uno dietro l'altro.
Divido la squadra in tre. Mando Fireball scortato dai due Tony, Tony Miracolo e Tony Spyderco [per lo Spyderco appeso alla cintura] nell'ala ovest della struttura. Il Capitano Scortica se ne va con un cecchino a slabbrare con l'apriscatole il corridoio centrale. Il Maiale con il resto degli uomini a ovest, dove ci sono tutti quei blip sul radar. [nota: lo chiamiamo il Maiale come i soldati americani chiavamano in vietnam l'M60. Quel mitragliatore è un colabrodo di pezzi di piombo, una vera diarrea: quando comincia a spruzzare è meglio trovarsi dal lato giusto]

Movimento dietro una porta, e non posso neanche sperare sia il gatto di Ripley. Schiero i miei in posizione overwatch, leggi anche "Spara a tutto ciò che si muove, fosse pure il gatto di Ripley". La porta si apre e loro si rovesciano fuori, una vuelta carnera di lame. Sul radar c'erano solo 2 blip. Ne arrivano 6, a mandibole spalancate, una pioggia di denti piantata dappertutto sul carapace, come se fossero ricoperti di denti, come se potessero mordere con ogni centimetro del corpo.
Proviamoci.
Prendo i dadi.

Il dado è soggetto ad alti e bassi, come tutti. A volte gli tocca di rotolare anche senza rincorsa, solo a colpi di reni.
Non è un randomizzatore diverso da un mazzo di carte, ma quel movimento di polso necessario crea l'illusione di poterlo influenzare o addirittura piegare.
"Guarda che mano, guarda che mano! Prima ho rollato giù un 5 e adesso un 6 !".
Quando esce un 6 il merito è sempre della mano e dell'uomo attaccato ad essa, gente che sa come menare il tunnel carpale, mentre per l'1 e il 2 si parla di colpe ignobili, e tocca al dado senza capri espiatori.

Altrove uso il lanciafiamme.
Fireball è un cretino. Fa una specie di signature taunt prima di far partire la fiammata: si mette a gambe divaricate davanti al corridoio dell'avamposto, si cala sugli occhiali il visore protettivo, e urla: "AVVISO DI BONIFICA MENO TRE DUE UNO".
Il corridoio si trasforma nell'inferno.
L'aria puzza di pollo o di peli del braccio bruciati.

Altrove (2) gli xenomorfi mi caricano.
I dadi rimbalzano sulla superficie ovattata del lanciadadi: un coperchio di scatola da scarpe foderato con una spugna, per non svegliare moglie e figlio.
La prima ondata viene ridotta in brandelli.
Vik fa lo sciamano cercando di leggere quale segnalino azioni extra posso aver pescato dal sacchetto, nel range da 2 a 6.
I suoi occhi foderati di teflon sono perforanti, o forse legge davvero i fondi del caffè della tazzina.
"Attacco ancora" annuncia

"Si accomodi" gli dico

120€ del Vichingo per Space Hulk, american più anacronistico di chi lo racconta, asimmetrico per 2 giocatori, 60-90 minuti da dipingere, o da dipingere a metà come nel caso del mio socio, marines sì e genestealer no, con scenari realizzati con un cartoncino spesso come non si è mai visto prima.

Il dado determina che...

La prima zampata che arriva amputa un braccio all'altezza del gomito, innesti della tuta compresi. Il pezzo di carne cade, con l'arma stretta in pugno e il dito ancora premuto sul grilletto. I proiettili scheggiano inutilmente la parete di sinistra.
Il moncone dello space marines annaffia il muso chetinoso del genestealer un secondo prima che ne morda di nuovo. L'intestino si srotola come una manichetta antincendio. Per un secondo il marines e l'alieno sembrano uniti da un cordone ombelicale, come madre e figlio, non fosse che il figlio sta masticando il cordone.
L'esercito viene macellato, il flagello di zanne travolge i miei spazio marinai finti come il sale di Wanna Marchi, soldati di leva che pensavano bastasse un mozzicone di sigaro e una fica aerografata sul fucile requiem, per passare per mercenari. Gli xenomorfi banchettano inesorabili come abruzzesi davanti a un gregge di ovini.
"Ripiegate! Ripiegate"
Ma è come cercare di tenersi i soldi in tasca ad Essen.

I dadi determinano la breccia.
Non posso fargliene una colpa.
Sai cosa aspettarti da un dado, se credi di piegarlo, di domarlo, che si comporti in maniera diversa da quello che è, sei tu ad essere in errore.
I dadi non cambiano.
Sono prevedibilmente inaffidabili.
E' la loro natura.
Non odiarli per questo.

"Morto, Dado. E' finita"

"Avanzo di due, sparo col lanciafiamme nel corridoio tagliandolo. Da quest'altro lato sposto lo space marines e lo metto in overwatch, gli sposto questo a sinistra e metto in overwatch pure lui. Questo che sta per..."
"E' finita, Dado. Hai perso"
"....non mi manca tanto...non...non... non me n'ero accorto"


Neanche le 03.00 a Torino, e fa più freddo adesso di quanto ne facesse a gennaio.
Dovrei rientrare a casa ma prendo tempo andando al chiosco dei panini, un modo per fermare il tempo ad oggi: la mia clessidra ha ancora qualche granello da sparare.
Al chiosco dei panini c'è sempre gente, non che ci sia molta scelta di locali a quest'ora a Torino, e non che sia un gran che di gente, credo di esser l'unico senza un precedente penale o uno smartphone rubato in tasca.
Prendo salsiccia e crauti, con ketchup e harissa, che stanotte mi bucherà lo stomaco, spaccandomi lo sterno come un cherstbuster della serie Alien.
Dimmelo quando faccio la mossa giusta.

Mia figlia troverà i foglietti dei punteggi nelle scatole. I foglietti le racconteranno di un padre che non vinceva mai, ma che ci provava sempre, che si sedeva al tavolo con i più forti e che cercava di scardinarli.
Spero si ricordi questo, che mi sono sempre seduto con la consapevolezza di essere il più debole, ma che non ho mai mollato e che ho sempre affrontato i miei draghi.

L'ultimo morso di panino scende giù. Mi infilo quel che resta della minerale in tasca. L'arabo nella roulotte mi saluta sventolando la paletta.
Torno alla macchina. Ho un filo di crauto in mezzo i denti che mi farà da passatempo per la lingua.
I semafori ancheggiano arancione.
Torno.

domenica 21 febbraio 2016

Revolte in Rom

La conta delle farine rimaste, ammonticchia sul tavolo della mia cucina ben 14 pacchetti. Di questi scarto il solito da un chilo di grano saraceno, che mi ostino a comprare tutte le volte e che non riesco mai a finalizzare in pizzoccheri prima della data di scadenza. Finisce malamente anche un pacchetto di Preparato per Torte, Crostate e Biscotti Glutin Free, dello scorso settembre, di quando Francy ha seguito quella dieta disintossicante dal glutine.
Salvo infine, acchiappandoli per i capelli, due pacchetti di farina di riso da 500grammi cadauno, in scadenza proprio questo mese: mi piange il cuore buttarli, visto quanto costa rispetto a quella di grano.
Trovo una ricetta con le dosi per la Torta Paradiso con farina di riso.
Mi porta via un'oretta, tutto compreso, ed è quella che vedete nella foto, spolverata di zucchero a velo e farcita con marmellata di ciliegia.
Ho salvato 125 grammi di farina di riso dal cesto dell'immondizia. Per salvarli ho speso: 6 uova, 200grammi di burro, 200grammi di zucchero, 125grammi di fecola di patata che ho comprato apposta, ed ho tenuto il forno acceso per 45 minuti a 180 gradi.
Una mossa davvero pessima, in termini di efficienza. Non è tanto chi sei, ma quello che fai che ti qualifica, ed è evidente che io sono un pessimo giocatore german, anche nel quotidiano.

Comincio a vedere la luce alla fine del tunnel dell'influenza. A casa mia abbiamo verniciato le pareti con il paracetamolo. Per far prima.
Quelli della Bayer mi hanno telefonato a casa e un uomo mi ha detto che sto pagando l'università a suo figlio a Yale.

L'anniversario di nozze, undicesimo, passa attraverso l'augurio casto di un fazzoletto di mia moglie appallottolato davanti alla bocca: "Uguri amu".
Non dico un bicchiere di bollicine, o quattro salti sotto le coperte mentre la figlia dorme. Ma neanche una bistecca sfrigolante sulla griglia da Fabrizio il Mago del Barbecue.

REVOLTE IN ROM
Non così facilmente reperibile nei negozi, questo Revolte in Rom, alias ROMA, opera prima dello chef dell'Insalata Meccanica Stefan Feld, per soli 2 giocatori, pubblicata dalla Queen Games nel 2005.
Visto che è un caso più unico che raro che una casa editrice realizzi di proprio pugno un video tutorial con le regole del gioco, vale la pena spendere 5 minuti per questo gronchi rosa dell'editoria: è in inglese ma piuttosto comprensibile.
https://www.youtube.com/watch?v=2hmM9g1yois
A proposito di lingua. Del gioco esistono diverse versioni ma nessuna in italiano e le carte riportano tutte qualche riga di testo. Nel caso vi capitasse per le mani la versione tedesca (quella che è capitata a me, la più diffusa) potete facilmente italianizzarla con delle bustine trasparenti e il download disponibile sulla Tana dei Goblin.
Scopo del gioco: guadagnare più punti vittoria dell'avversario, anzi toglierglieli di bocca con una gomitata. La partita termina se l'avversario non ne ha più davanti a sè o se non ve ne sono più nella riserva generale.
Durante il setup vengono distribuiti ad ogni giocatore 10 punti vittoria, 4 carte pescate dalla pila comune e 3 dadi.
Vengono posizionati al centro del tavolo 6 dischetti dadi raffiguranti le 6 facce + 1 disco monete + 1 disco carte.
La partita inizia con il posizionamento gratuito, da parte di entrambi i giocatori, delle carte davanti ai dischetti dadi.
Ad ogni inizio turno il giocatore perde tanti punti vittoria quanti sono gli spazi liberi di fronte a sè (matematicamente 2 al primo turno).
Nel proprio turno il giocatore tira i 3 dadi e sceglie se:
-pescare carte (spendendo 1 o più dadi)
-guadagnare monete (spendendo 1 o più dadi)
-giocare carte (pagandone il costo in monete)
-attivare le carte in gioco (spendendo 0, 1 o 2 dadi a seconda dell'effetto)
Le carte, divise in carte personaggio e carte edificio, hanno un costo di lancio, un valore di difesa, un costo di attivazione, e un effetto.
Fra gli effetti, attivabili posizionando un dado rollato sul dischetto del valore corrispondente, la possibilità di guadagnare punti vittoria dalla riserva o dall'avversario, uccidere un personaggio o distruggere un edificio, migliorare l'attacco o la difesa delle proprie carte, bloccare i dadi, e altri bastoni fra le ruote e brecciolini negli occhi.

Gioco ad alta interazione, e alta ostruzione dei piani altrui e frattura di uova nel paniere, impossibile da giocare col timore di far del male all'altro o di dormire poi sul divano, se giocato con la dolce consorte. Il gioco tenero o la neutralità svizzera non sono contemplati.
Inutile che cerchi di metter patate più piccole attorno al pollo per farlo sembrare un tacchino: siamo di fronte a un giochino, probabilmente lo Zombie Badola di Stefan Feld, detto con tutto l'affetto per quello che è notoriamente il mio autore preferito, un fillerino nel quale fra carte pescate e rollate di dadi da una parte e dall'altra, la componente fortuna incide nel gioco quanto la quinta ha inciso nella carriera di Sabrina Ferilli.
Brutto quindi?
No, se come al solito preso per quello che è: un giochino del costo di 15€, senza grosse pretese, della durata di una 40ina di minuti, giocabile in pausa pranzo in ufficio o sul tavolo della cucina con la moglie mentre la tachipirina in circolo fa quello che deve fare.
Compratelo con la consapevolezza che il mondo, dopo il vostro acquisto, non cambierà di una virgola.
Oppure compratelo per finire la collezione dei Feld sulla vostra mensola.

Ho sempre maltrattato i filler e credo di averlo appena rifatto. La superbia è uno dei miei tre peccati capitali, il secondo è la lussuria e il terzo l'ira. Nel mio sbandierare con spocchia il mio cuore german con almeno mezzo chilo di token nella scatola e minimo 120 minuti meglio se 180, ho sempre considerato i filler un ripiego, un'occasione mancata, i film di Terence Hill senza Bud Spencer, l'equivalente della visita a casa della guardia medica pediatrica, la ragazza insignificante con la quale uscivo solo per avere una maglietta sotto la quale infilare la mano.
Credo che invece dovrei apprezzarli per il loro valore di ammortizzatore e contenitore, per la loro capacità di spezzarmi la fame, di tenermi a bada, di assorbire i colpi, di gettar acqua fredda sulla mia astinenza.
In attesa che arrivi sul mio tavolo un vero german corpoduro da 240 minuti, nel quale possa ancora magnificamente fallire mossa dopo mossa.
Inesorabilmente.

mercoledì 17 febbraio 2016

Impossibile è solo una parola

"Ho fatto a botte con un coccodrillo. Ho lottato con una balena. Ho ammanettato i lampi. Sbattuto in galera i tuoni. L'altra settimana ho ucciso una roccia, ferito una pietra, mandato all'ospedale un mattone"
Muhammad Alì 

Una copia di NIPPON come tutte le altre, vi invito ad avvicinarvi e verificarne l'autenticità, e che non ci siano trucchi o doppi fondi. Potete sollevare il coperchio della scatola e guardarci dentro, prego. Si tratta di una comunissima copia del gioco, con i suoi 90 cubetti neri, 40 tessere influenza, 24 tessere fabbrica, 48 tessere fra navi e treni, 32 tessere contratto, e naturalmente i 48 lavoratori sul libro paga, perchè di un piazzamento lavoratori si tratta: più tedesco del commissario Derrick con un Pretzel in bocca.
Bene: adesso non perdete d'occhio la scatola, non mollatela neanche per un istante, non sbattete le ciglia se potete.
Perchè fra un minuto, signori e signore, vi ci incatenerò un uomo affetto da paralisi da analisi, e poi trasformerò cartoncini e cubetti in nitroglicerina.

Ore 21.00 Casa Dado
Moglie e figlia si raccomandano.
Mia moglie di non fare tardi.
Mia figlia di non perdere (non se lo beve più il "Sono arrivato terzo!" come vittoria).
Il cellulare si illumina. Whatsapp mi defustella fuori di casa, sul pianerottolo.
Sotto trovo Red, col motore acceso, l'autoradio accesa e la sigaretta accesa.
La macchina taglia in due Torino.
In 5 minuti siamo dal Vichingo.

Percussioni

Viking martella sul costume da Thor per il figlio realizzato in casa: Mjolnir con l'anima di cartone dell'asciugone Regina e spugna biovegan della Bottega Verde. Red al volante pesta sull'acceleratore tipo Manowar, troppo gli faccio notare io, che di schiantarmi una sera che ci prendiamo di ossigeno da Pandemic Legacy, me lo risparmierei volentieri. Io tamburello i coglioni a tutti sulla febbre che ci siamo fatti in casa con moglie e figlia: 9 giorni fra andata e ritorno: faccio da rullante scrotale lungo tutto il tragitto in macchina parlando di termometri e tachipirina, direzione Jolly Joker.

Non è mistero che noi si preferisca su tutto il giocare in casa, non esiste locale \ associazione \ evento ludico minimamente paragonabile al giocare sul MIO tavolo, in religioso silenzio, con la macchinetta del caffè accucciata alle spalle e pronta alle coccole, la birra (scelta di volta in volta) ad affrescare in frigo, e la grappa Poli nell'armadietto delle meraviglie.
Ma ogni tanto ci prendiamo un'ora d'aria dalla misantropia, usciamo per mescolarci con gli altri esseri umani, per annusare di cosa sanno gli altri.
Luna piena legacy
I licantropi escano allo scoperto: la luna in cielo fra le nuvole è più che piena: è legacy, inutile fingersi cani al lampione per l'ultima pisciata della sera: tutti i lupi vengano al pettine.
La polarizzazione del cooperativo infettivo di Leacock in testa alla classifica di bbg, ha sollevato come un ago la pellicina delle mie debolezze: sono un monogamo bugiardo e infedele, ho una dipendenza da continuo cambio scatola, la notte mentre la moglie dorme io col portatile mi collego a certi siti di scatole aperte e divaricate in maniera oscena, fustelle ben tornite, big dice natural, ziplock in latex, prototipi amatoriali, dungeon crawling col gonzo.

Viking e Redbairon l'hanno capito e mi proteggono, a modo loro.
E visto che non possono salvarmi, da questo bisogno di scatola tedesca, l'unica è portarmi da una professionista, una fraublucker con tacco dodici, minimo due ore di prestazione, complicata e cerebrale, che mi fotta il cervello.

NIPPON
Dominatrice tedesca austera serissima per 2-4 giocatori, che sembra uscita dalla stessa penna caustica di VM18 di Isabella Santacroce, e invece frutto dei lombi della WhatsYourGames, della durata di 120 minuti in 3 giocatori, se ognuno fa il suo, d'ambientazione ciminiere all'orizzonte fra fiori di ciliegio e ikebana.
Scopo del gioco: espandere le proprie industrie, acquisire macchinari, distribuire la proprie influenza nelle città e infine raccogliere punti vittoria.
I gradi di separazione nella settimana del festival, passano attraverso 6 tessere fabbrica da mettere a regime per la produzione di seta, carta, lenti, bento, orologi e lampadine. Quattro le regioni - otto le città - nelle quali ramificare i propri affari e diffondere la propria influenza. Tre i tracciati verticali da scalare: carbone, denaro, conoscenza.
Nippon è un piazzamento lavoratori al contrario, nel quale le azioni vengono attivate per rimozione degli stessi meeple dal tabellone centrale, e il successivo posizionamento in plancia giocatore.
Ogni meeple di differente colore collezionato verrà poi sanzionato economicamente, durante l'azione Consolidare.
Arrivo al Jolly
Il locale, che a me ricorda sempre il bar di Guerre Stellari, è pieno per la serata, come spesso accade quando ci sono i tornei di Magic. Bobbio, il titolare, ci accompagna all'ultimo tavolo libero, quasi in verticale al frigo delle birre.
Io ordino un'Alba del birrificio LaVal, perchè le sto provando tutte e la glutin free mi manca. Red la M97, sempre LaVal, una Imperial Stout davvero notevole (consigliatissima). Viking una Coca Cola che se la rovesci su una bistecca la bistecca muore.

Il Giappone è un Paese chiuso
Il primo impatto con l'abbondanza di Nippon è crudo e moralmente complicato, come la sagra della porchetta per un mussulmano a digiuno da 48 ore. Red è il primo a riempirsi il piatto e a ciucciarsi le dita, strafottente e arrogante come al solito, seguito dal sottoscritto, che non fa complimenti e mette in saccoccia, e da un Vichingo leggermente imbolsito dal brusio dei tappaterre ai tavoli.
E' tuttavia proprio il Vichingo a tracciare per primo, in maniera più netta, una (discutibile) strategia: punti Conoscenza, li faccio tutti subito così non ci penso più.
Io mi concentro sugli impianti delle fabbriche, sui macchinari necessari, rinunciando alle prime produzioni in favore di investimenti tecnologici a lungo termine, sperando che la specializzazione paghi. Red invece mette giù sulle province con la filosofia del meglio l'uovo oggi, e mi sta dietro - troppo dietro - in tecnologia.
Spazzolando babaci con la cattiveria che lo contraddistingue, Red anticipa il primo conteggio, e sono trenta centimetri di distanza sul tabellone dei punti fra me e lui, e altri venti dal Vichingo: una lezione di centimetri, più che un turno, sembra di ritrovarsi agli stessi urinatoi a muro accanto a Rocco.
Comincio a metter giù anch'io tesserine nelle province, rinforzando di treni per tenere alto il valore di influenza. Vik entra finalmente in partita, ma - stimo - troppo tardi per impensierire il maschio alfa. Il motore di Red gira a pieno regime, tonnellando in plancia cubetti carbone e mazzette di banconote, laddove noi sbarchiamo a malapena il lucernario (manco il lunario). Niente da fare, il solito fiume in piena contro il quale, io e Vik, cercheremo di opporre la resistenza di una diga fatta di cracker.
Nippon intanto snoda le sue spire da costrittore, togliendoci boccate d'ossigeno anche quando le cose vanno bene e le fabbriche sembrano girare. Siamo di fronte a un gran bel tedesco.
Finchè....

Time remaining

Bobbio si avvicina al tavolo.
"Mi sa che stasera non riuscite a finire la partita, Dado"
io: "Perchè? A che ora chiudi il locale?"
lui: "Fra venti minuti"
Guardo il tabellone. Siamo a due terzi.

"Impossibile non è un dato di fatto, è un'opinione. Impossibile non è uguale per tutti"
Muhammad Alì 


Acceleriamo. Per quanto possibile in un gioco di tale intensità e complessità. Nessuno vuole mortificare la partita muovendo a cazzo, quindi occorre accelerare nella testa, l'unico modo. Sono abbastanza sicuro di potercela fare con ridotti margini di errore, così anche Red, che comunque è sufficientemente avanti per rischiare qualcosina, ma è il Vichingo a preoccuparmi, lui è socio fondatore nell'Accademia della Paralisi d'Analisi.
E infatti il Vichingo collassa, 5 minuti dopo, come una stufetta a ghisa caricata col plutonio: nel suo turno va in blocco, si alza in piedi e balbetta: "Metto la tessera da...aspetta... da cinque qui...ma a cosa mi serve...no piuttosto metto un treno...che però sarei comunque terzo...con gli stessi punti....okay: compro una fabbrica di lenti che...ma...se piazzo la...la tessera...sarei... aspetta... no la tessera...no...no"
Abbiamo rotto il Vichingo, sghignazza Red.
Ed è la goccia. Che non fa traboccare. Ma che lubrifica. L'ingranaggio inceppato. Una goccia d'olio evo.
Viking riparte, il suo cervello riavvia e vuota cache e temporanei.
Piazza al volo con lucida sicumera e guida il gruppo nella volata finale.
All'una di notte Bobbio viene a chiederci a che punto siamo. Il locale è vuoto, le ragazze rovesciano gli sgabelli sui tavoli.
"Ultima azione" gli prometto
All'ultima azione il Vichingo balza avanti, avanti a me, e a uno sputo da Red, che chiude gli occhi a fessura.
"Io sono il punteruolo rosso, e i tuoi testicoli sono le mie palme" scandisce il Vikingo, incidendo per sempre la frase nella storia del gioco da tavolo italiano.
Al conteggio Red vince ancora. Ma davvero di un niente. Viking secondo, con la fame dell'alligatore negli occhi.
Io, come al solito.

Usciamo dal Jolly con la saracinesca che ci taglia i talloni. Andiamo a farci un panino al solito chiosco malfamato e mal frequentato. Red recupera con un salsiccia, spinaci e scamorza indigeribile come la minaccia del punteruolo.
Si fa del sano dopopartita, e sono solo lodi sperticate per l'ottimo Nippon, insieme a Russian Railroad uno dei più bei german provati ultimamente (Red commenta: "Dado segnati questa in anticipo per il prossimo anno: Nippon miglior gioco del 2016"). Niente da obiettare.
Alle 02.30 siamo sotto casa del vichingo, e 10 minuti dopo sotto da me.
Altra notte.


nota: se qualche torinese volesse segnalarmi nei commenti qualche buon chiosco in giro per la Torino da bere, chioschi in attività, naturalmente, gliene sarei molto grato.

mercoledì 10 febbraio 2016

La compagnia della Margherita

L'influenza a casa mia si fa andata e ritorno. Partita da mia figlia, in forma leggera, si è propagata a me e a Francy il giorno del nostro anniversario, ed è tornata effetto boomerang su mia figlia con espansione di febbre alta.
Secondo la pediatra non è niente.
Secondo lei non è mai niente. Riesce a intuirlo a distanza, appena entriamo nel suo ambulatorio, con quel suo stanco "Mi dica" che suona: "Sentiamo, dai, che cos'abbiamo stavolta?".
Le racconto dei tre giorni di febbre, delle tonnellate di muco, del mal di gola. Okay: la esagero anche un pelo, piccato dal suo scetticismo.
Lei si solleva da dietro la scrivania, appesantita della consapevolezza di aver sbagliato laurea 20 anni fa, e visita la piccola perchè tanto oramai siamo lì.
Il suo "Niente di preoccupante", cinque minuti dopo, mi fa vincere un peluche.
Le prescrive il solito sciroppo per il catarro, che se solo avesse il punto da strappare avrei già la padella antiaderente, e l'aerosol con la soluzione fisiologica.
Provo ad azzardare un "Non sarebbe il caso di prendere un anti..."
Mi fulmina con lo sguardo. La parola proibita. Non pronunciarla mai se non lo fa per prima la pediatra. Un mio amico di Pinerolo ci ha quasi rimesso un occhio, aggredito con un abbassalingua monouso.
"Cominci con sciroppo e aerosol. Se entro tre giorni la febbre non passa mi riporti la bambina".

Anche ErProsciuttaro non se la passa un gran che. Un periodo che quando ci ritroviamo, parliamo più di transaminasi sballate che di ICE da rezzare, di esami all'addome prenotati al LARC, che di quando ci buttavamo di testa nei tornei di pauper magic solo per vedere sulla top8 del sito il nostro [UB] Control by Doctor Puzza.
La pizza da asporto che prendiamo il sabato sera è la lastra radiografica dei nostri acciacchi. Siamo partiti dalla salsiccia e gorgo, con tocchetti di habanero a crudo incattiviti in vasi aridi sul mio balcone, e siamo naufragati sulla margherita.

10 anni prima
Il passaggio di consegne scorre noioso, con il nuovo collega che commenta "Ah, interessante" con l'entusiasmo di mia madre davanti all'asse da stiro.
Finchè tornando alla scrivania nota le terre di Magic appiccicate attorno al mio monitor. Non so neanche perchè le ho messe lì.
"Ma tu giochi a Magic?!?!?" mi chiede.
I tre giorni di passaggio di consegne per fargli vedere cosa faceva l'ex collega (un cazzo) li condensiamo in un giorno solo, tanto ErPro assorbe tipo spugna: "Sì, questo so farlo". Più giovane di me di 5 anni, ha già lavorato in centri elaborazione dati che fanno sembrare il nostro un distributore di sigarette, che dopo qualche minuto non si capisce più chi dei due stia spiegando all'altro.
Il giorno successivo in pausa pranzo il mio mazzo mononero viene menato sazio dal suo blu-verde, mazzate tipo calzino ripieno di cuscinetti a sfera.
Gli scrivo: "Sabato sera da me?"
Mi risponde "Okay. Mi è anche arrivato il nuovo hd da 1Tb".
Mi manda la foto su whatsapp.
Con ErPro facciamo questo gioco scemo: se uno dei due si compra un gioco nuovo, lo fa capire all'altro mandandogli una foto nella quale il nuovo acquisto non è in primo piano. In primo piano c'è sempre altro: un router, una scatola di noodles, un libro di Lansdale, il selfie di un labbro sollevato con scritto "Merda mi sono spaccato un molare con una mandorla". Il gioco si intravede appena sullo sfondo. Di solito imbastardiamo col Gimp: sfochiamo o giochiamo di ombre, mostriamo solo un lembo del manuale che spunta da sotto un piatto o piazziamo un token su una mensola davanti a un libro col dorso dello stesso colore.
Questa volta ErPro me la mette giù facile: "Sono arrivate le due espansioni di Andor per il tuo compleanno. Auguri in ritardo".

Le Leggende di Andor
Cooperativo per 2-4 giocatori (5-6 con l'espansione Nuovi Eroi) di ambientazione fantasy, dipendente dalla lingua, con una badilata di segnalini e token per il barbaro che non deve chiedere mai, prezzato 35€ - ma potreste trovarlo anche a meno, visto che ha già qualche primavera -, strutturato narrativamente in 5 leggende (missioni).
Sulle meccaniche di Andor ne hanno già scritto tutti gli altri, quindi molto in breve: un improbabile manipolo di eroi erranti “La compagnia della Margherita” ("una presa di origano per domarli e nella bufala incatenarli”) composto  da un nano insolente (io) un arciere indigerente (ErPro) e una maga con la quinta (Melonia), affronta le lande di Andor alla ricerca di una miracolosa pozione a base di salvia divinorum per salvare il Re Brandur.
Sul loro cammino Gor, Skral, lupi, pantere mutogene, orchi, streghe, draghi, formiche vampiro e quanto di peggio, ma anche fiaschette rigeneranti, rune, gemme, pozzi, falchi da librare nel cielo, il tutto in un dungeon nebbioso e ostile, attorno a un castello che attira i cattivi come le zanzare il sangue.

Titolo che assembla in maniera insolita ma funzionale, una carrozzeria american su un motore tipicamente german, che sembra spizzicare dai giochi di ruolo e dai libri di Lupo Solitario, e che attorciglia, sul finale, addirittura al tower defense.
Un ibrido, se vogliamo, un mezzosangue più bastardo degli elfi che promette, un
titolo facile alle incomprensioni per i puristi di una parte o dell'altra, che ha spaccato in due il pubblico fra forti consensi e taniche di benzina.
Ammetto che la spaccatura nei pareri e la forte componente aleatoria, mi intimorivano parecchio, e che avevo parcheggiato il titolo fra quelli da provare ma con calma.
Provato infine una serata rilassati in cinque con Chiarvesio, Zizzi, Paolo e Fiore a casa del Paolo, proprio con l'espansione Nuovi Eroi, mi ha convinto al punto da indurmi a comprarlo il mattino successivo.

ErProsciuttaro e Melonia
La strappata di nylon sulla Prima Leggenda li convince, quindi ErPro mi pianifica Seconda e Terza per il sabato successivo con margherita annessa.
Non vorrei gettar acqua sull'entusiasmo del socio, ma (lo avverto) dubito fortemente che riusciremo a farne due, visto che il livello di difficoltà è destinato ad aumentare.
ErPro mi risponde abbassandosi la lampo ed esibendo in maniera oscena il proprio nodoso curriculum fantasy, fatto del mondo-disco di Terry Pratchet (tutti i volumi), della saga di Shannara in lingua originale, di una maglietta con la scritta: "Caramon: dovevi gonfiargliele quelle pupillle a clessidra", e di citazioni a memoria del Neuromante di Gibson ("Ma che c'entra, è fantascienza!" - "Sì ma di qualità!").
Melonia è altrettanto su di giri, Andor sembra disegnato su di lei: è un cooperativo, è fantasy, ci sono i dadi e soprattutto racconta una storia (e lei ama le storie).

"Inciderò le mie iniziali sulla pelle grigia di quel troll laggiù"
ErPro è ispirato, ma le sue famose mani di sterco non mettono giù un 4 manco con 3 dadi: alla terza rollata Mel già medita di attirare la palla al piede nella miniera e poi dargli una botta in testa.
Intanto la salvia per il Re non si trova e neanche le rune che pure sarebbero utili, e poi 'sta nebbia non si taglia neanche con la bipenne. 
Due contadini terrorizzati mi corrono incontro chiedendo aiuto.
"Venite con me se volete vivere"
prometto loro. Ma poi la mappa si popola di bestie immonde e non c'è tempo per pensare anche ai mezzadri.
"Servivano?" chiede ErPro mentre il fiume tinge di rosso
"Un po'" ammetto.
"La strega!" grida finalmente la sacerdotessa del filler rovesciando l'ultimo tassello nebbia.
Abbiamo la salvia. E anche una ventina di bestie di satana in corsa direzione castello. Potrebbe piovere.
Ci piazziamo tutti e tre davanti, ad assorbire l'onda d'urto del male.
Poi nell'ordine: 1-spunta una fortezza in mezzo al deserto difesa da un mandingo degli inferi, 2- il principe Thorald che ci aveva promesso la sua lealtà si ricorda di un altro impegno già preso e ci lascia nella bagna 3-entrano in gioco due Wardrak che nel giro di UN turno ci entrano a zampate nel castello sterminando la servitù.
"Cosa diavolo..."
I demoni sono dentro.
Le urla raggiungono il cielo.

Nel dopopartita ErProsciuttaro spiega a me e a Melonia che cosa abbiamo sbagliato. Io e lei. Errori palesi, di valutazione, di timing, ecco: il nostro problema più grande è l'assoluta mancanza di prospettiva, di  pianificazione oltre i due turni.
"L'idea della miniera è ancora valida" mi sussurra Mel.

I soci se ne tornano a casa, 50 km nel buio prima di potersi infilare sotto le coperte.
Prima che l'ascensore arrivi ad inghiottirli Melonia mi avverte: "Questo lo finiamo, eh, Andre? E' bellobello!"
"Ho già scaricato tutte le missioni custom dalla Tana" le sorrido.

Vi voglio bene, ragazzi.
Sì, voglio giocarmele tutte.
Andrea.

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Post Scriptum 1: termino questo post al 4° giorno di febbre. Siamo tutti stremati in casa. Ma forse (forse) la febbre comincia un po' ad abbassarsi.
Post Scriptum 2: approfitto di questo post per fare gli auguri al mio amico Alberto di Board Game Friends, che proprio oggi festeggia 1 anno del blog. Se non lo avete ancora fatto potete andare a leggere il suo blog e farvi due ghignate.

martedì 2 febbraio 2016

E tanto sommesso picchiaste e tanto picchiaste leggero, che quasi credetti a un errore

"Mi spiace che questa vita reale ti distragga dalla tua vita di finzione".
A.P.

RedBairon gioca il suo passo. Lo trattiene l'annosa questione della signora Panigale del quarto piano che: 1-butta il pane ai colombi e ha trasformato il cortile in una piccionaia tipo piazza san marco 2-quando annaffia i gerani agli inquilini dei balconi di sotto sembra sia arrivato il diluvio universale 3-sembra cucini baccalà i giorni dispari e cavolfiori bolliti quelli pari, con gran puzzo per le scale e nel bel androne, ma per questo l'amministratore ha già messo le mani avanti che non si può fare nulla.
Quindi ci si organizza io e il Vichingo, uno contro uno, come la prima volta.

Visto l'embargo al quale mi stanno sottoponendo Viking e Redbairon con Pandemic Legacy, per il titolo della serata il Vichingo mi lascia carta bianca.
Ebbro di tanta abbondanza, recito a memoria una filastrocca di titoli nella quale il mancala di Trajan è indigeribile come quella cucchiaiata d'olio di fegato di merluzzo che prendevo da bambino perchè ero magro, che a ripensarci 35 anni dopo, che i miei vivevano in affitto in un camera e cucina col boiler elettrico appeso sopra la vasca e le piastrelle della cucina di due stock diversi, ma mi compravano l'olio di fegato di merluzzo in farmacia che costava uno sproposito, mi si stringe il cuore. Terra Mystica: un'antica fedina, appartenuta a una principessa insolente, intarsiata nel corallo pelle d'angelo. Caylus: una nevicata di tartufo bianco a scaglie su un uovo fritto nel burro. E Il Signore degli Anelli La Sfida per riaprire vecchie ferite di guerra e spolverare grani di sale.
Questo finchè la sera, mentre sonnecchiavo in poltrona sopra antichi e rari tomi d'obliata sapienza, con gran strepito di penne e frullare d'ali, grave e altero entrò un corvo, e si andò a posare non sul busto di Pallade ma sulla scatola di Summoner Wars.
"Mai più" gracchiò il raven.
E d'improvviso realizzai che col Vichingo sarebbe stata una serata di violenza inaudita.

SUMMONER WARS
Living Card Game d'ambientazione fantasy per 2 giocatori, dadoso, della durata di una 60ina di minuti, edito dalla Raven Distribution nelle sue declinazioni italiane (non tutti gli eserciti, purtroppo).
Raffinato gioco di skirmish asimmetrico che mescola tattica, strategia, controllo del territorio e quattro sane sberle a mano aperta.
Ogni giocatore gestisce una razza, composta da un Evocatore, carte Evento, Truppe Comuni ed Eroi.
Apparecchiato il proprio esercito dal proprio lato, come da bugiardino allegato e diverso per ogni razza, ci si muove su un tabellone fatto a griglia.
Le unità vengono evocate ortogonalmente ai Muri, carte territorio che rappresentano ostacoli, strettoie e ripari, e tutte le unità sono dotate di un attacco corpo a corpo o a distanza (si attacca rollando i dadi), di punti ferita, di un costo di evocazione e di un'abilità.
Scopo del gioco: far la pelle all'Evocatore avversario prima che lui faccia altrettanto.

Cave Goblins VS Guild Dwarves
La prima mano di sangue sui muri, viene verniciata intingendo la pennellessa nel secchio delle budella, nella Tana della Paralisi d'Analisi (casa del vichingo).
Io prendo un'ambrata dei Mastri Birrai Umbri e i Cave Goblins, classico esercito sciame ad alta velocità di fermentazione, con unità a costo 0 che te le ritrovi in braccio e con una scheggia di vetro puntata alla carotide prima che tu abbia anche solo tempo di avvicinare il bicchiere alle labbra. Dall'altro lato del diavolo, con l'altro 50% della bottiglia e a dragare il piccolo erede che viene a fare capolino al tavolo resistendo alla nanna con mamma, i centonovanta centimetri del Vichingo con un esercito di quelli che non vogliono bene al tuo scroto, tanto che te lo sgonfiano a pallonate: i fastidiosissimi Guild Dwarves, che a parte avere degli eroi carro armato, hanno delle unità comuni con le abilità Varicocele e Orchite.
La partita scorre in sostanziale equilibrio per la prima mezzora con continue spazzolate da una parte e dall'altra e rollate di dado eque. Vik somatizza gli attacchi a 360° dei miei Berserk e così crea un imbuto fra muri e Defender (che hanno l'abilità: "Quando un'unità nemica è adiacente al Defender, l'unità nemica non può muovere") che neanche la strettoia nella battaglia delle Termopili. Perdo un sacco di unità cercando di creare una breccia, ci riesco ma regalo a Vik un bel po' di mana.
Al Vichingo arrivano in mano gli eroi e lui mette giù il più cattivo: Gror del Martello Sismico.
Pur corto al garrese, il Thor di Quartu Sant'Elena comincia a falciarmi l'esercito come la candida i militari di leva.
Provo a resistere perchè il mio mazzo si sta assottigliando e prima o poi arriveranno anche a me in mano 'sti benedetti eroi. Niente da fare, come convincere un gatto a non leccarsi. Gror spana un culo dietro l'altro, e mi riduce l'evocatore in fin di vita, tanto che devo rimbalzarlo da una parte all'altra per salvarlo.
L'arrivo in campo di Baldar, secondo eroe dei Guild Dwarves, e l'ennesima martellata al suolo, fanno da colonna sonora a suon di peti della mia sconfitta.
(per la cronaca: trovo i 3 eroi nelle ultime 5 carte del mazzo)
Jungle Elves vs Shadow Elves
Il tintinnio del cucchiaino nella tazzina di caffè vuota, segnala ai secondi che devono scendere dal ring.
Viking si avvolge nei viticci con i Jungle Elver, esercito del quale temo soprattutto i rapidissimi cavalcaleoni, che con un'accelerazione di 7 caselle in un attimo ti sono in testa, e il campione delle mangrovie con 3 dadi di attacco, 8 punti ferita, trample e pure la fettina di culo erbaceo.
A me toccano gli Shadow Elves, esercito che non amo particolarmente, eccezion fatta per il drago a 4 teste e per Malidala (che io chiamo Tata-Matilde), eroe fastidiosissimo da ritrovarsi contro.
Viking imbastisce l'esercito attorno al movimento extra delle leonesse, piantando anche qualche muro per facilitare il refill e aprire le corsie ai cavalcaleoni.
Il mio esercito gira legnoso e poco lubrificato.
Vik investe sulle arcierine, che saranno fatte di burro e carta di riso ma tirano centinaia di freccine che a starci sotto sembra di rotolarsi in mezzo ai cactus. Riesco comunque a contenere le perdite e lo costringo a spendere in continue evocazioni. Gli arriva in mano il ciccioschiaccia 8 con trample ma come prevedevo è a corto di ossigeno. Okay, devo continuare a tenerlo sotto. Gioco il drago-idra e lo butto in mezzo alla mischia a prendersi mazzate. Il drago viene trafitto da tutte le direzioni [San Sebastiano: trafitto da così tante frecce in ogni parte del corpo da sembrare un istrice] ma non arretra di un centimetro e sfoltisce le arcierine.
Intanto evoco Tata-Matilde dall'altro lato della mappa e faccio scattare una ganascia.
Vik insacca e non riesce a metter via carte, il ciccioschiaccia gli brucia fra le mani ma non ha fiato, è in piena apnea, è alle corde, è in ginocchio...
Vittoria degli elfi della penombra sui cugini vegani.

Fallen Kingdom vs Mountain Vargath
E' il momento dei conti della serva, perchè abbiamo detto due su tre, e siamo entrambi a una vittoria.
Viking prende i nonmorti, esercito suicide che macina e rimette in gioco tibie e membra in decomposizione.
A me vanno i bovini, che notoriamente non brillano in intelligenza, e infatti l'esercito è di un'ignoranza e di una cubatura che se solo si organizzasse una partita contro i Nani della Gilda (Guild Dwarves) sarebbero i nerd del club "La trigonometria è divertente" contro i bulli della scuola.
Viking è poco fiducioso ma accetta lo spareggio.
L'arrivo dei minchiotauri fa tremare il terreno e l'ossario dei nonmorti (nonancoramorti). Per qualche minuto mi godo la prepotenza dei bicipiti drogati di botulino sull'osteoporosi post mortem: volano rotule e peroni, gli omeri lasciano le proprie sedi, i bacini si spezzano come cracker in tasca, sembra il festivalbar degli ortopedici.
Finchè ad un certo punto accade qualcosa.
Non sul campo: dentro di me.
Un serpente di vomito mi risale l'esofago e un altro di diversa natura cerca di uscirmi dall'altro lato.
"Vik devo andare in bagno"
Vado e produco il frutto bastardo dei lombi di un'influenza intestinale e di un'indigestione abruzzese.
Dopo 10 minuti e mezzo rotolo di carta igienica torno al tavolo, fronte madida di sudore.
"A chi toccava?" chiedo
"A te"
Evoco due arieti e cerco di erigere un muro di corna e pelo caprobovino dietro il quale trincerare l'Evocatore: no, dannazione, non posso mollare proprio adesso (a voler essere sinceri ho già mollato).
Ma il serpente immondo torna a farsi sentire e a premere con la testa da un lato e con la coda dall'altro. Torno al bagno e durante l'oscena produzione in tazza rifletto sulla copertura delle statue per la visita del presidente iraniano: ecco ce l'avrei io qualcosa di veramente inguardabile.
Prima di tornare in cucina mi lavo la faccia. Sembro uno dei sopravvissuti dello zoo di berlino.
"A chi toccava?" chiedo
"Sempre a te"
Grigio in viso più delle mie unità, muovo i miei minotauri in un'allucinazione gastroduodena, agognando un bagno di 100 metri quadri e un rotolo di carta igienica delle dimensioni di un pneumatico GoodYear.
Viking non si rende conto, oppure se ne approfitta becero, affondando il coltello nella sua stoica lentezza.
Esercito oramai nella più completa anarchia, con minotauri che suonano il banjo e guardano NetFlix, torno per terza volta al bagno.
L'anima di cartone del rotolo mi segnala che sono finite sia la carta che la partita.

Torno a casa alle 03.00 e me ne resto un'ora inginocchiato nel bagno. La gatta, sul bordo della vasca, mi osserva vomitare, incuriosita.
Vomitare con la barba lunga non è il massimo, fa un po' effetto addobbi di natale.

Due ore dopo svegliarmi per andare in ufficio richiede forza di volontà come guardare negli occhi una donna in topless. Mi alzo sperando di star così male da restarmene a casa, ma miracolosamente a parte l'odore di cane bagnato (20 minuti di doccia e mezzo tubetto di dentifricio spremuto in bocca) e la sensazione di aver ingoiato lamette da barba, sto in piedi, quindi si va a lavorare.
Prima che me lo chiediate, comunque, escludo categoricamente che il vichingo mi abbia avvelenato o somministrato un mix di guttalax e collirio (aveva entrambe le boccette sul bordo del lavandino, vicino alla macchinetta del caffè) con l'unico fine di battermi a Summoner Wars. No, Viking è un amico.

Solo riconferme per Summoner Wars, asimmetrico sfaccettato di dettagli con eserciti fortemente caratterizzati, con i quali, vi garantisco, vi divertirete davvero un mondo, a patto non siate degli schizofrenici del bilanciamento perfetto, impossibile con un titolo del genere.
Fra le scelte a catalogo vi consiglio sicuramente il Master Set, perchè con 44€ e 4 bollini sulla scheda fedeltà del vostro negoziante, vi portate via 6 razze una meglio dell'altra, un bel tabellone cartonato spesso (il tabellone-velina che si trova negli starter set è proprio solo un pieghevole da viaggio, non destinato a durare), e comodi slot per alloggiare tutti gli altri eserciti che DI SICURO vi procurerete dopo aver assaggiato il gioco (io sono a quota 14 eserciti e non intendo fermarmi).
In alternativa, con 6-7 euro su Ipad prendete tutti gli eserciti in versione app, anche se vi assicuro che di persona, faccia a faccia, con le unità che si riparano dietro i muri, con gli eroi che quando entrano in gioco vi sembra di sentirne l'odore del sudore, è proprio tutta un'altra musica.